Centri permanenti per i rimpatri: FVG disponibile alla riconversione dell’ex Cie di Gradisca

Trieste – 1.100 posti in più nei nuovi Centri permanenti per i rimpatri (Cpr): questo il piano del governo per fronteggiare l’arrivo dei migranti. I Cpr dovrebbero essere pronti entro luglio.

Saranno undici e ospiteranno chi non ha diritto a rimanere in Italia e deve tornare al suo Paese. L’elenco è stato comunicato lunedì 8 maggio alle Regioni dal ministero dell’Interno.

Da parte sua le Regione Friuli Venezia Giulia ha comunicato con una nota diffusa martedì 9 maggio la disponibilità all’apertura di un Cpr a Gradisca d’Isonzo (Gorizia) ma a determinate condizioni.

La prima è quella della contestuale chiusura del Centro accoglienza per richiedenti asilo (Cara) ivi esistente e che attualmente ospita 480 immigrati.

In secondo luogo, l’impiego per il controllo del Cpr di Forze dell’ordine che non siano già impegnate nella sicurezza del territorio che, anzi, dovrà essere maggiormente presidiato.

Infine, oltre al rispetto dei numeri prefissati e alla rapidità dei rimpatri, il personale operante all’interno del Cpr dovrà fornire tutte le garanzie professionali e le competenze che la situazione richiede.

La presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha aggiunto che “abbiamo dato la nostra adesione al piano del ministro Minniti in quanto con grande senso di responsabilità siamo consapevoli che ognuno deve fare la propria parte”.

Di un radicale cambio di passo compiuto da questo Governo rispetto al passato ha parlato anche l’assessore regionale alla Solidarietà, Gianni Torrenti, il quale ha sottolineato come i Cpr rappresentino una soluzione radicalmente diversa rispetto ai precedenti Centri di identificazione e espulsione (Cie) per numero ridotto di persone ospitate e per la fluidità nelle operazioni di rimpatrio garantita dagli accordi con i Paesi di origine.

“Una dinamica che prima con i Cie – ha spiegato Torrenti – rischiava di diventare una sorta di detenzione, con tutti i risvolti negativi sul piano umanitario e della sicurezza che l’organizzazione dei Cpr andrà ad evitare”.

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