Dal possedere al dipendere: quando l’intelligenza artificiale decide se puoi usare quello che hai comprato
Pordenone – Stiamo scivolando verso un mondo dove non si possiede più nulla, ma solo il permesso di usare qualcosa.
Mi è capitato l’altro giorno di dover stampare un documento urgente. La stampante, che avevo comprato appena sei mesi fa, mi ha dato un messaggio che non dimenticherò: “cartuccia non originale rilevata. Funzionalità limitate”. In quel momento ho capito che quella stampante non era davvero mia. Ero solo un utilizzatore temporaneo con diritti limitati.
Stiamo vivendo una trasformazione dal possedere le cose al dipendere da chi le controlla da remoto. E spesso, chi le controlla non è più un essere umano, ma un algoritmo.
Quando è stata l’ultima volta che avete comprato davvero qualcosa di tecnologico? Oggi molte aziende non vendono più prodotti, ma “diritti temporanei di utilizzo o modalità che hanno il nome di paper use cioè paghi l’utilizzo del macchinario”. L’escavatore del cantiere si blocca automaticamente se non paghi il canone.
Dietro ogni “clic per attivare” c’è un algoritmo che ha già calcolato quanto puoi spendere, quanto ti conviene usare quel macchinario, quanto puoi essere “spremuto” economicamente.
Non è fantascienza: compressori, forni per panifici sono già predisposti per funzionare “a consumo”. Li hai davanti, puoi toccarli, ma sono bloccati finché non autorizzi il pagamento.
Per funzionare, questi sistemi raccolgono centinaia di dati: posizione GPS, temperatura, ore di utilizzo, performance in tempo reale. Telecamere, sensori biometrici, identificazione digitale. Ogni gesto diventa una riga nel tuo profilo algoritmico.
Nel vecchio mondo decidevi tu cosa comprare e quando e come farne uso. Oggi è spesso un algoritmo a decidere quanto devi pagare in base a come ti comporti.
Usi poco quel macchinario? Ti penalizza con costi maggiori. Lo usi troppo? Ti propone un upgrade a prezzo variabile. Il sistema ti considera un rischio? Ti chiude l’accesso.
È come avere un commerciante invisibile che ti segue, ti studia e decide lui i prezzi.
Le aziende chiamano tutto questo “ottimizzazione” e “servizi intelligenti”. Ma stiamo delegando il controllo operativo e decisionale a macchine che imparano da noi per controllarci meglio.
Inoltre, un tempo decidevamo quando riparare un attrezzo o se tenerlo fermo. Ora sarà l’intelligenza artificiale a dirci quando possiamo lavorare, con quale strumento, a che costo, e per quanto tempo.
La catena di dipendenze. Questo modello ci lega a una rete di dipendenze invisibili:
– dipendiamo dal software per usare l’hardware;
– dipendiamo dal credito per utilizzare gli strumenti di lavoro;
– dipendiamo dall’IA per ottenere il permesso.
Quei segnali intorno a noi sulla trasformazione già visibile. Succede con i software (quanti programmi possedete senza abbonamento?), con i servizi di streaming, con le auto moderne che richiedono abbonamenti per funzioni standard.
Per quanto concerne gli strumenti di lavoro produttivi, la situazione è peggiore: i piccoli artigiani posso chiudere se l’algoritmo decide che un falegname non possa usare la sega perché non ha pagato abbastanza, oppure bloccare un camion ad un trasportatore per anomalie nei pagamenti.
Il pericolo non è la tecnologia ma è delegare tutto a sistemi intelligenti. Quando è possibile e conveniente, dobbiamo acquistare il bene. Dobbiamo cercare di servirci dell’open source (Linux, Firefox) che offre software libero e trasparente. Utilizzare il più possibile i fablab (Fabrication Laboratory), nati dal MIT di Boston e diffusi ormai in tutto il mondo, Italia compresa. Sono spazi condivisi, attrezzati con macchinari come stampanti 3D, tagliatrici laser, frese CNC, strumenti di elettronica e software open source, che permettono a chiunque – studenti, artigiani, startup, designer, ricercatori – di accedere a strumenti di produzione digitale per trasformare un’idea in un oggetto concreto. In questo caso creare significa non dover dipendere da un algoritmo.
Il modello tipico dei fablab prevede un costo base (tessera associativa di 25 euro l’anno) o tariffe orarie per il noleggio delle postazioni per l’utilizzo della scansione 3D (circa € 20 tariffa oraria). I principali Fablab si trovano a Milano (ce ne sono due), Torino, Bergamo, Verona, Trento, Bolzano, Firenze, Roma, Perugia, Napoli, Palermo, Catania, Cagliari.
Indubbiamente è impossibile arrestare il progresso tecnologico. La tecnologia è come il fuoco: può cuocerti il pane o bruciarti la casa. Dipende da come la usi e chi la controlla.
Enrico Sgariboldi
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