Udine, nel carcere una nuova sala polifunzionale aperta anche alla città
Entro l’autunno, nella casa circondariale di via Spalato a Udine prenderà forma una nuova sala polifunzionale pensata per ospitare attività culturali, educative e teatrali. Uno spazio accessibile anche dall’esterno, nato da una collaborazione tra istituzioni, università, mondo cooperativo e terzo settore, con l’obiettivo di rendere il carcere un luogo più aperto, vivibile e connesso alla comunità.
Il progetto, promosso da LegacoopSociali Fvg e coordinato dall’Ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, è sostenuto anche dalla cooperativa sociale Dinsi Une Man, che ha donato 20 mila euro per l’allestimento della sala e della nuova biblioteca. La prima inaugurazione è in programma il 31 luglio, con l’apertura ufficiale della biblioteca, dell’area scolastica e dei nuovi spazi destinati alla formazione e al lavoro, all’interno dell’ex sezione femminile dell’istituto, chiusa da decenni.
“Il carcere è parte della nostra comunità e come tale merita attenzione, ascolto e progettualità”, sottolinea Bruna Gover, coordinatrice regionale di LegacoopSociali. “Inclusione significa anche costruire ponti con i luoghi più marginali”.
Il nuovo ambiente sarà dotato di un teatro-auditorium da 98 posti, due aule studio e una hall con grandi vetrate affacciate verso l’esterno. Progettata dallo studio Barreca & La Varra di Milano, la sala avrà due accessi distinti – uno interno e uno esterno – per accogliere sia i detenuti sia il pubblico cittadino. L’idea è quella di uno spazio aperto, modulare, in grado di ospitare momenti di dialogo, laboratori, incontri e spettacoli.
“Abbiamo immaginato un luogo capace di generare relazioni – spiega l’architetto Giovanni La Varra – che superi l’isolamento e promuova un modello diverso di carcere, più vicino alla città, più attento ai diritti”.
L’intervento si inserisce in un processo di trasformazione avviato già da alcuni anni. Dal 2020 il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha promosso diversi lavori di ristrutturazione: la nuova area per i semiliberi, gli spazi scolastici, le aree per il lavoro e ora la biblioteca. Si tratta di un cambiamento graduale che punta a dare al carcere una nuova funzione anche sociale, oltre che detentiva.
Il carcere come parte della città
Nel 2023, l’Università di Udine ha realizzato un workshop per ripensare il carcere come risorsa urbana, mappando oltre 8.000 metri quadri oggi inutilizzati. È emersa l’idea di un “carcere palinsesto”, in cui gli spazi collettivi e la dimensione educativa abbiano un ruolo centrale, riducendo il peso simbolico della cella come luogo esclusivo della detenzione.
“Il carcere è uno spazio urbano – osserva Andrea Sandra, garante comunale – e come tale va pensato. La nuova sala sarà un luogo in cui il carcere potrà incontrare la città e viceversa. L’obiettivo è aprire canali di relazione e rendere la struttura parte integrante del tessuto sociale”.
Anche Franco Corleone, già garante per i diritti dei detenuti, ha seguito da vicino il progetto. “Quando scoprii che l’ex sezione femminile era chiusa da vent’anni mi parve uno spreco – racconta –. C’era bisogno di spazi per attività sociali e culturali. Da lì è nata la spinta per il recupero. È una scommessa: che attraverso i muri si possano cambiare anche le relazioni”.
Oltre l’emergenza
La casa circondariale di Udine ospita attualmente 183 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 95 posti. Una condizione di sovraffollamento che, come in molte altre strutture italiane, resta un nodo strutturale. Ma nonostante i numeri, l’istituto sta cercando di costruire un percorso di apertura e partecipazione, anche grazie al coinvolgimento diretto dei detenuti nella realizzazione dei nuovi spazi.
“Il nostro contributo – afferma Davide Sartori, presidente di Dinsi Une Man – nasce dalla convinzione che il carcere non debba essere un mondo separato. Crediamo che la responsabilità sociale di un’impresa si misuri anche nella capacità di farsi carico di queste realtà”.
La donazione è stata affidata all’associazione La Società della Ragione, impegnata da anni sui temi della giustizia e dei diritti. “In un Paese dove si continua a rispondere all’emergenza penitenziaria costruendo nuove carceri – osserva Massimo Brianese – questo progetto dimostra che un’altra via è possibile: mettere al centro la persona detenuta, i suoi bisogni, la sua umanità”.
“Oltre i muri” è il nome del progetto, ma anche un’indicazione chiara sulla direzione intrapresa: fare del carcere un luogo capace di dialogare con l’esterno, e non soltanto di contenere. Una tappa in un percorso ancora lungo, ma che già segna un cambio di sguardo su cosa significhi davvero reinserire, accogliere, costruire relazioni.