“Tre bacche di rovo”: un extra issue delle Edizioni Juliet. Intervista a Roberto Vidali

Trieste – E’ uscito come supplemento al numero 210 di Juliet (dicembre 2022) il fascicolo “Tre bacche di rovo”, ultima fatica firmata da Roberto Vidali, con la copertina realizzata da Antonio Sofianopulo e il progetto grafico di Piero Scheriani. Il fascicolo sarà presentato alla prossima Arte Fiera di Bologna, nelle giornate del 2, 3, 4, 5 febbraio.

Questo fascicolo a firma Roberto Vidali è l’ennesima testimonianza della “proteo-scrittura” praticata da questo autore eterodosso fin dal 1980, e che verde l’attività critica come una terra creativa dove la parola incontra l’immagine, e dove il pensiero autonomo incontra quello degli autori amati. “Tre bacche di rovo” è, innanzitutto, una testimonianza del pensiero e della storica esperienza di Roberto Vidali, che per una vita si è dedicato alla promozione dell’arte contemporanea.

Abbiamo chiesto a Roberto Vidali – direttore editoriale della rivista Juliet, oltre ad aver curato e organizzato trecentocinquanta mostre nel territorio nazionale e non solo –  da dove è nato  il  desiderio di confezionare questo fascicolo, che si presenta come un valore aggiunto di grande intensità. 

Dopo aver pubblicato un testo di pura creatività come “Bestio!”; una dichiarazione di poetica come “Giungla”; un testo di saggistica “Libellule”; un manuale per le giovani generazioni “Mamma, vogghiu fa’ l’artista; un testo camuffato su Giacomino Pixi, mi pareva doveroso inserire il lavoro di autori che seguo dal 1974 in un contesto storico di riferimento che potesse rinviare a delle radici che hanno segnato la nostra contemporaneità. Come si fa a ragionare su Cattelan e non pensare che tante sue opere sono celebrazioni del nostro passato, in primis Marcel Duchamp.

Di che caratteristiche gode “Tre bacche di rovo”? 

Questo testo mette insieme più modalità: una presunta tipologia da manuale di storia dell’arte, scorrevole e con analisi precise e puntuali dei fatti, con istanze critiche che conduce a paragoni tra situazioni simili e ad affioramenti nella contemporaneità, dove si trovano idee personalissime e riscontri soggettivi. Gli intrecci e i rimandi sono molteplici ed è sì questa una pratica diffusa all’interno della critica contemporanea, ma forse non praticata con una modalità così variegata, nel senso che il magma che affiora da questa narrazione indica dei pensieri ossessivi, sebbene non sempre gli esempi offerti o i punti di meditazione siano messi sulla carta per dare la certezza della risposta. Può sembrare presuntuoso nel concatenamento del pensiero inserire l’opera di Paul Cézanne a confronto con quella di Carlo Fontana, ma credo che riconoscere debiti e radici sia parte del nostro vivere. Il lavoro degli artisti non ne è esente.

Quali sono i temi ricorrenti? 

Uno dei temi ricorrenti dell’intero sviluppo narrativo, è quello della “classicità” ovvero di una possibile istanza classica presente nel mondo contemporaneo, un mondo che è stato costruito sui palazzi abbattuti dalle avanguardie storiche e di cui noi viviamo l’eredità. Detto in altro modo, trovo una formalizzazione estrema non solo nel lavoro di Stefano Di Stasio (il che denota un’ammirazione da parte di questo autore per autori svariati, come Tiziano o de Chirico), ma anche in quello di Claudio Massini che risponde a esigenze di ricostruzione formale dopo le “alluvioni” delle avanguardie storiche. Ma dobbiamo anche dire qualcosa d’altro e interrogarci su altri punti: certa approssimazione o libertà espressiva, una certa azione sempre fuori dalle regole, è sempre indice di libertà oppure delle posizioni anarcoide possono anche ingenerare l’impossibilità del dialogo? Non sto parlando in termini politici, ma solo sul versante dell’estetica, per cui penso che un segno debba essere giustificale, motivabile e in qualche modo anche comprensibile. Traducendo posso pensare che fin troppe istanze informali o di deriva dell’action painting forse non ci conducono da nessuna parte.

Quali sono le radici di queste avanguardie? Quali le radici della poetica di Duchamp e del successivo lavoro concettuale di Kosuth?  

Nel fascicolo porto l’esempio di quattro padri fondatori: Seurat, van Gogh, Gauguin, Cézanne, e approfondisco il loro ruolo con la lettura di una singola opera. Tutti coloro che hanno studiato un po’ di storia dell’arte sanno bene che il Futurismo non sarebbe esistito senza il Cubismo e che Picasso è debitore nei confronti di Cézanne. Quello che è insolito è che tre di questi autori non hanno avuto una regolare formazione accademica e che la loro grande rivoluzione, il loro ribaltamento dell’arte a trecentosessanta gradi è in parte dipeso anche dalla mancanza di questo ingombro e dalla fatica che hanno fatto per trovare una via di uscita autonoma.

Mi chiedo sempre quanti sono quelli che nel leggere un saggio sentono veramente il bisogno di andare a cercare il confronto col testo a cui rinvia la nota, cosa ci dice?

Comprendo bene gli aspetti del confronto e della possibilità di controllo a fini accademici, ma di certo durante le mie letture di formazione non sono mai andato a cercarmi la pagina citata da un’edizione; tutt’al più sono stato ispirato alla lettura completa del testo di un autore citato. E ho imparato ad amare tanti autori grazie a dei riferimenti bibliografici riscontrati nei libri di studio. Nel mio caso ho usato le note come una specie di racconto parallelo e di lunghezza pari a un quinto dei tredici capitoli in cui è suddiviso il libro. La massima parte di queste note aiuta ad approfondire o rinvia a un ulteriore collegamento invece di trovarsi alla sterile informazione di un titolo, di una pagina, di un anno di pubblicazione. Però molte sono le domande che pongo all’attenzione del lettore e poche sono le risposte che mi permetto di fornire, proprio per lasciare la possibilità di cercare di proseguire con i propri piedi un percorso di approfondimento.

Molti considerano l’arte contemporanea un qualcosa a sé rispetto al resto dell’arte in generale, questo compendio offre a chi ne avesse voglia di approfondire e documentarsi, l’opportunità di riflettere su contenuti che a volte si schivano a volte si colgono parzialmente perché non esperti in materia.

Nella foto ritratto di R. Vidali credit@ph E.Vanfiori

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