Fuga dei giovani dal Nord Est: il FVG perde capitale umano qualificato

FVG – Giovani, formati, spesso laureati, e sempre più orientati a cercare altrove ciò che non trovano nella propria terra d’origine: è il quadro tracciato dal Flash Report 2025 della Fondazione Nord Est, che analizza in dettaglio le dinamiche demografiche e occupazionali della macroregione nordorientale, confermando un fenomeno già noto, ma che assume contorni sempre più rilevanti: quello della fuga dei giovani lavoratori.

Nel caso del Friuli Venezia Giulia, il report individua criticità legate al mercato del lavoro, che spingono molti giovani ad alta qualificazione a trasferirsi in altre regioni italiane o all’estero, alla ricerca di migliori opportunità professionali e di vita. Si tratta di un esodo silenzioso ma costante, che secondo gli autori comporta una perdita rilevante di capitale umano giovane e specializzato. A migrare non sono solo neodiplomati in cerca di prima occupazione, ma anche professionisti, tecnici e ricercatori con anni di formazione alle spalle.

Il rapporto parla di “nuovi migranti”, evidenziando come il saldo anagrafico tra iscrizioni e cancellazioni all’estero sia negativo da anni e in peggioramento. Una tendenza confermata anche dall’aumento delle registrazioni all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), che dal 2024 restituiscono un quadro più chiaro di un fenomeno probabilmente sottostimato fino a poco tempo fa.

Le cause dell’emigrazione giovanile

I motivi della fuga sono molteplici e intrecciati. Al primo posto, secondo lo studio, c’è la mancanza di opportunità lavorative stabili e adeguate alle competenze dei giovani, spesso costretti a confrontarsi con contratti precari, bassi salari e scarse prospettive di crescita. A questo si aggiunge una bassa valorizzazione delle competenze, un tessuto imprenditoriale non sempre orientato all’innovazione, e una burocrazia che penalizza l’inserimento nel mondo del lavoro, specie per chi non ha alle spalle reti consolidate o esperienza pregressa.

Molti giovani scelgono così di trasferirsi in aree dove percepiscono un maggior dinamismo economico e sociale, una migliore qualità della vita, e maggiori possibilità di carriera. Le zone montane o meno urbanizzate del Nord Est, come documentato nel caso del Bellunese, risultano particolarmente penalizzate, ma anche le aree urbane del FVG non sono immuni.

L’impatto economico

Il paradosso, rileva il report, è che il Nord Est continua ad attrarre ingenti flussi economici: quasi 4 miliardi di euro da famiglie di altre regioni o Paesi, e altri 3 miliardi in spesa pubblica, a sostegno di un’economia articolata. Tuttavia, questa complessità non si traduce in attrattività per i giovani, che continuano a percepire il territorio come carente in servizi, opportunità e politiche attive.

Tomasinsig (Pd): “Servono case accessibili, asili pubblici, trasporti efficienti”

A commentare il report anche Linda Tomasinsig, responsabile regionale Migrazioni del Pd Fvg, che sottolinea la portata strutturale della questione: “I nuovi migranti sono i nostri laureati, giovani ad alta formazione che rappresentano un patrimonio di conoscenza, competenze e innovazione. Ogni anno il Friuli Venezia Giulia ne perde migliaia, e con loro se ne va una parte preziosa del nostro futuro”.

Secondo Tomasinsig, per invertire la tendenza serve una strategia integrata, fondata su una vera politica industriale che valorizzi il lavoro giovanile e incentivi l’innovazione. Tra le misure da adottare: case accessibili, asili pubblici e diffusi, trasporti efficienti, incentivi fiscali per l’occupazione giovanile. “La sfida demografica impone una visione di lungo periodo – aggiunge –. Non si può continuare a ignorare il problema. Servono risposte concrete”.

Una questione demografica, sociale ed economica

La Fondazione Nord Est richiama l’attenzione sul fatto che la mobilità giovanile non è solo un fenomeno individuale, ma un fattore critico per la tenuta economica e sociale dell’intero territorio. La perdita di giovani talenti impoverisce le imprese, frena l’innovazione e indebolisce la capacità delle comunità locali di rigenerarsi. Intervenire ora significa evitare un declino strutturale, soprattutto nelle aree più fragili dal punto di vista demografico.

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