La ricerca rivela che anche un insetto artico assume microplastiche: il contributo degli scienziati di Trieste
Trieste – Le microplastiche hanno raggiunto anche le distese più remote e incontaminate del pianeta: l’Antartide. Un nuovo studio internazionale, che vede tra i protagonisti Elettra Sincrotrone Trieste e il consorzio europeo CERIC-ERIC, ha documentato per la prima volta la presenza di minuscoli frammenti di plastica nel tratto digestivo della Belgica antarctica, l’unico insetto endemico del continente antartico.
La ricerca, frutto della collaborazione tra l’Università del Kentucky, l’Università di Modena e Reggio Emilia ed Elettra Sincrotrone, porta una notizia in chiaroscuro: se da un lato conferma che l’inquinamento da plastica sta penetrando anche negli ecosistemi terrestri più isolati della Terra, dall’altro rivela che – almeno per ora – questo piccolo moscerino sembra resistere senza danni apparenti.
Un insetto fondamentale per l’ecosistema antartico
La Belgica antarctica è un moscerino lungo pochi millimetri, ma il suo ruolo nell’ecosistema antartico è fondamentale. Con solo una manciata di specie animali terrestri che popolano il continente, questi invertebrati sono indispensabili per il riciclo dei nutrienti nel suolo. Qualsiasi minaccia alla loro sopravvivenza potrebbe ripercuotersi sull’intera catena alimentare antartica.
Nicholas Teets, entomologo dell’Università del Kentucky e coordinatore della ricerca, spiega che il team ha esaminato sia larve esposte alla plastica in laboratorio sia esemplari raccolti direttamente nel loro habitat naturale. L’obiettivo era valutare per la prima volta in modo completo sia l’ingestione delle microplastiche sia i loro effetti fisiologici su questo insetto.
Le microplastiche arrivano via mare e via aria
Sebbene l’Antartide sia geograficamente isolata, studi precedenti hanno dimostrato che le microplastiche – frammenti di dimensioni inferiori a 5 millimetri – possono raggiungerla attraverso diverse vie: il trasporto marittimo, la deposizione atmosferica, il turismo e persino le operazioni scientifiche condotte nelle basi di ricerca.
Utilizzando tecniche avanzate di imaging come la micro-spettroscopia infrarossa e la spettroscopia Raman, i ricercatori hanno individuato frammenti di microplastica all’interno del sistema digestivo delle larve. Come sottolinea Elisa Bergami, ricercatrice dell’Università di Modena e Reggio Emilia, anche se l’ingestione è stata rilevata in meno del 7% degli esemplari raccolti sul campo, questi risultati confermano che la plastica sta effettivamente contaminando i suoli antartici.
Effetti limitati, ma con interrogativi aperti
Gli esperimenti di laboratorio hanno riservato una sorpresa: quando le larve sono state esposte per dieci giorni a concentrazioni variabili di microsfere di plastica, anche a dosi molto superiori ai livelli ambientali, non si sono registrati effetti sulla sopravvivenza né alterazioni significative del metabolismo.
Tuttavia, come evidenzia Jack Devlin, ricercatore dell’Università del Kentucky e primo autore dello studio, a dosi elevate di plastica si è osservata una diminuzione delle riserve lipidiche degli insetti. Questo dato suggerisce possibili impatti sul metabolismo energetico, che potrebbero avere conseguenze serie durante i rigidi inverni antartici, quando le risorse energetiche sono indispensabili per la sopravvivenza.
Il contributo di Elettra: tecnologie d’avanguardia per la ricerca
Lisa Vaccari, ricercatrice senior presso la facility SISSI-Bio di Elettra Sincrotrone Trieste, sottolinea come questo lavoro dimostri i vantaggi di un approccio multidisciplinare basato su tecniche analitiche avanzate, come quelle disponibili presso Elettra.
Lo studio evidenzia anche l’importanza di ridurre al minimo la contaminazione derivante dalle stesse attività scientifiche in Antartide, raccomandando tecniche non invasive come l’imaging infrarosso quale metodo affidabile per le valutazioni future.
Prospettive future
Sebbene gli effetti fisiologici immediati delle microplastiche sulla Belgica antarctica appaiano limitati, le conseguenze a lungo termine rimangono sconosciute, specialmente in condizioni di stress ambientale crescente legato ai cambiamenti climatici.
I ricercatori sottolineano la necessità di studi più approfonditi per esaminare possibili danni ai tessuti o alterazioni molecolari negli insetti esposti alla plastica per periodi prolungati. L’attività umana e l’inquinamento da plastica continuano ad aumentare a livello globale, raggiungendo ormai anche i luoghi più remoti e inaspettati del pianeta.
Lo studio “Prevalence and consequences of microplastic ingestion in the world’s southernmost insect, Belgica antarctica” è stato pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment.

