A Trieste, accesso negato alla procedura di richiesta di asilo. Il report delle associazioni che denuncia l’illegalità

Trieste – La mattina, davanti alla Questura di Trieste, la scena si ripete con una regolarità quasi rituale. Gli aspiranti richiedenti asilo arrivano presto, spesso prima dell’alba. C’è chi resta in piedi per ore, chi torna più giorni di seguito, chi prova a capire se quella sarà la volta buona. Sono decine, a volte più di cento persone. Alla fine, però, a entrare sono poche: una decina, raramente qualcuna in più. Per tutti gli altri la giornata si chiude come è iniziata, con un rinvio senza data e senza spiegazioni formali.

È da questo osservatorio quotidiano che si sviluppa il rapporto “Accesso negato”, presentato il 17 dicembre al Circolo della Stampa di Trieste da una rete di organizzazioni attive da anni sul territorio per l’accoglienza: Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS), International Rescue Committee (IRC) Italia, Diaconia Valdese, Linea d’Ombra, No Name Kitchen, GOAP – Gruppo Operatori Accoglienza Profughi, Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin e Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute (CDCP). Realtà diverse per storia e approccio, ma accomunate da una presenza costante accanto alle persone migranti e da un lavoro quotidiano di supporto, ascolto e assistenza legale.

Il documento nasce da un monitoraggio durato tutto il 2025, costruito attraverso centinaia di testimonianze raccolte sul campo e oltre 1.400 casi seguiti direttamente. I dati restituiscono una fotografia precisa della situazione: ogni giorno tra le 70 e le 140 persone si presentano all’Ufficio Immigrazione per manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale, ma solo 10–12 riescono ad accedere agli uffici. Non tutte, inoltre, riescono a formalizzare la domanda nello stesso giorno.

I tempi di attesa risultano variabili e difficilmente prevedibili. In media la registrazione avviene dopo circa tre settimane dal primo tentativo, ma non sono rari i casi in cui l’attesa supera i trenta o i sessanta giorni.

Durante questo periodo le persone restano senza un documento che attesti la richiesta di asilo e senza accesso alle misure di accoglienza, all’assistenza sanitaria ordinaria o alla residenza anagrafica. Semplicemente, non esistono.

Il rapporto descrive una serie di prassi che, secondo gli estensori, rendono l’accesso alla procedura incerto e diseguale. L’assenza di criteri di accesso formalizzati, la mancanza di una lista d’attesa ufficiale e i ripetuti allontanamenti senza comunicazioni scritte sono elementi ricorrenti nelle testimonianze raccolte. Viene inoltre segnalata una priorità di fatto accordata a chi è in possesso di documenti di identità, mentre chi ne è privo viene indirizzato verso altri uffici per denunciarne lo smarrimento, nonostante la normativa non preveda i documenti come requisito per avviare la procedura.

Alcune testimonianze fanno riferimento a controlli informali dei telefoni cellulari e a rinvii orali verso altre questure o altri Paesi europei, senza l’attivazione delle procedure formali previste. Particolarmente delicata è la questione delle vulnerabilità: persone con problemi di salute, donne sole, minori stranieri non accompagnati che, secondo il monitoraggio, non sempre avrebbero trovato canali di accesso prioritari. Nel corso dell’anno le organizzazioni hanno inviato centinaia di segnalazioni formali per richiamare l’attenzione su situazioni specifiche, spesso senza ricevere risposte.

Le difficoltà di accesso alla procedura hanno avuto ricadute visibili anche sul territorio cittadino. Nei mesi di maggiore pressione, tra ottobre e novembre 2025, oltre 200 persone al giorno si sono ritrovate senza alloggio, concentrate soprattutto nell’area della stazione centrale e dell’ex Porto Vecchio. Alcune hanno poi formalizzato la domanda in altre città, in particolare a Gorizia, ma sono rimaste a Trieste in attesa di essere inserite nel sistema di accoglienza. Al momento della stesura del rapporto, erano più di cento.

Una presenza che interroga la capacità di gestione amministrativa delle istituzioni e produce situazioni di disagio nel contesto urbano e sociale, che a loro volta innescano senso di insicurezza e avversione per chi sta fuggendo da guerre e catastrofi. Una delle operatrici, ad esempio, ha raccontato come più di una volta le sia stato detto con dispregio di “portare queste persone a casa sua”.

Del resto, basta leggere sui social i commenti ad articoli come questo per rendersi conto della non conoscenza delle norme costituzionali e delle convenzioni internazionali da parte dei fruitori dei canali e di un generale imbarbarimento delle relazioni all’interno della comunità: stiamo parlando di alcune migliaia di persone su una popolazione residente di circa 200mila cittadini; persone che versano in povertà estrema ma che vengono percepite come un pericolo e un fastidio.

Nel racconto delle associazioni non c’è solo la denuncia delle criticità, ma anche in primo luogo l’indicazione dei riferimenti normativi che dovrebbere essere rispettati. La buona notizia è che gli esiti dei contenziosi in Tribunale derivanti dai ricorsi inviati a cura dell’assistenza legale sono finora tutti di accoglimento, anche se risultano ancora casi pendenti.

Infine, il rapporto contiene la richiesta di ricondurre l’accesso alla procedura di asilo entro regole chiare, trasparenti e verificabili. Le raccomandazioni finali suggeriscono il potenziamento degli uffici, una maggiore chiarezza sulle modalità di accesso, la tutela effettiva delle persone vulnerabili, il rispetto delle garanzie previste nei controlli e l’attivazione di un confronto stabile tra Questura, Prefettura ed enti del terzo settore.

Il reportage nasce dalla passione civile di chi opera ogni giorno sul campo – spesso giovani volontarie e volontari – e che non chiede scorciatoie né eccezioni, ma un’applicazione uniforme della normativa vigente.

Perché, come emerge dalle pagine del rapporto, l’accesso alla procedura di asilo non è un passaggio secondario: è il punto da cui dipende tutto il resto, per le persone che arrivano e per una città chiamata a gestire una realtà complessa senza lasciare zone d’ombra.

Qui il report completo: ACCESSO NEGATO – Trieste 2025

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