Contagiati in casa di riposo, la nave non serve più. Restano gli interrogativi

Trieste – “L’utilizzo della nave avrebbe semplicemente costituito uno strumento per raggiungere un fine. Non siamo partiti da questo obiettivo specifico, ma dall’analisi di una necessità diventata particolarmente forte a causa della drammatica evoluzione dell’epidemia in un territorio complesso come quello di Trieste, soprattutto per quanto concerne gli anziani. Sarebbero andati bene anche un aereo, un albergo o qualsiasi struttura caratterizzata dai requisiti necessari per mettere in sicurezza gli anziani positivi al Covid-19 che, in determinati ambienti, non potevano più usufruire di un’assistenza adeguata”.

Lo ha sottolineato il direttore generale dell’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina (Asugi), Antonio Poggiana, nel corso dell’audizione svoltasi nella mattinata del 20 maggio davanti alla III Commissione consiliare presieduta da Ivo Moras (Lega), riunita in presenza in Aula a Trieste.

Dopo aver già preso la parola in merito ai contagi negli ospedali del capoluogo giuliano e alle azioni adottate a protezione di degenti e personale, il dg di Asugi ha illustrato le motivazioni poste alla base della decisione, in seguito tramontata, di utilizzare un traghetto per accogliere in isolamento le persone contagiate provenienti dall’area triestina.

“Inizialmente – ha aggiunto Poggiana – avevamo reperito 80 posti letto nell’Ospizio Marino di Grado che ci aveva concesso i suoi spazi. Tuttavia, a sole 24 ore dall’inizio dei trasferimenti, la struttura convenzionata ha ritirato la disponibilità. A quel punto, abbiamo dovuto arrangiarci perché diventava urgente trovare una struttura da 160-180 posti (caratterizzata da percorsi sicuri, zone di vestizione e spazi di isolamento con entrata e uscita sorvegliate), perché la carenza di operatori sanitari non consentiva di frazionare gli spostamenti tra luoghi diversi. In precedenza, infatti, le realtà ospedaliere e la collaborazione con quelle private avevano consentito di arginare un problema che la crescita esponenziale dei casi aveva però reso insostenibile, costringendoci a prendere una decisione immediata come già fatto un paio di settimane prima per i reparti di Terapia intensiva”.

La richiesta di audizione era stata presentata dal consigliere regionale Roberto Cosolini (Pd) che, in sede introduttiva, aveva formulato “la madre di tutte le domande, visto che l’ipotesi di utilizzo della nave Gnv Allegra, allora ancorata nelle acque del porto di Napoli, era stata attribuita a decisioni di ordine di tecnico e sanitario. C’è la volontà di capire se sia stata riscontrata la presenza sul natante di tutti i requisiti richiesti, anche rispetto la disponibilità offerta degli alberghi locali, e se, in fase decisionale, siano state valutate competenze professionali nel campo della Geriatria e della gestione di anziani colpiti da problemi cognitivi”.

Da parte di Cosolini, un quesito secco anche alla luce del recente cambio di rotta. “È mancata l’intesa economica – ha chiesto – o sono state altre le ragioni che hanno impedito i trasferimenti, lasciando comunque in piedi le promiscuità?”.

“In seguito alla relazione prodotta dagli ingegneri dell’ufficio tecnico – ha precisato Poggiana – erano stati valutati anche l’hangar del Molo IV, il palasport di Chiarbola e le aree già presenti a Cattinara. Alla fine, però, ci siamo ritrovati con un potenziale di 123 posti letto complessivi, frazionati tra sedi diverse, per una spesa di 8 milioni di euro e circa 70 giorni di tempo per l’allestimento. Una prospettiva non idonea. Per quanto riguarda gli alberghi – ha aggiunto – abbiamo incontrato i rappresentanti di categoria, auspicando un massimo di tre hotel messi in sicurezza, caratterizzati da arredamento idoneo e almeno due ascensori. Tuttavia, la risposta è stata negativa a causa dell’enorme investimento da affrontare per le proprietà a fronte di tre mesi di occupazione garantita. Così, non si sono sentiti di fare un’offerta e neppure le altre strutture convenzionate potevano garantire i posti necessari. È stato quindi riservato loro il ruolo di filtro, come avviene tuttora. L’idea della nave – ha concluso il rappresentante di Asugi – era arrivata anche alla luce delle esperienze positive dei miei colleghi genovesi e, quando le percentuali di contagi si sono riallineate e la quantità di letti necessari ridotta, è venuta meno”.

Nel corso del dibattito, che ha lasciato spazio anche a quesiti con successiva risposta scritta, il consigliere Furio Honsell (Open Fvg) ha invitato a limitare “le analisi dei dati alla sola zona urbana di Trieste e non alla sua provincia, considerate le atipicità locali”. Inoltre, ha chiesto indicazioni “riguardo le prospettive logistiche post emergenza e se, alla fine, l’Ospizio Marino abbia costituito l’unica opzione vagliata”.

Il pentastellato Andrea Ussai, invece, ha espresso l’auspicio di sapere da chi fosse stato composto “il team di esperti che ha valutato l’ipotesi della nave, anche alla luce delle ridotte dimensioni delle cabine che avrebbero reso problematica non solo l’installazione degli arredi specifici, ma anche l’operatività del personale”.

Il rappresentante del Movimento 5 Stelle ha inoltre chiesto chiarimenti riguardo “il progetto a lungo e medio termine per la collocazione degli anziani, il motivo dell’alto tasso di positività nelle grandi strutture private e i percorsi specifici riservati ai positivi asintomatici”.

Il direttore dei Servizi sociosanitari di Asugi, Maria Chiara Corti, ha offerto una dettagliata cronistoria dell’evoluzione dell’epidemia in Fvg con particolare attenzione al capoluogo giuliano e alle residenze protette. Un’evoluzione iniziata con la prima positività riscontrata il 1 marzo e proseguita con i 67 tamponi effettuati nel corso della prima settimana per 24 positività riscontrate tra i pazienti sintomatici.

“L’11 marzo – ha ricordato – hanno iniziato a operare le Unità speciali di continuità assistenziale per le gestioni domiciliari nelle case di riposo, mentre il numero massimo di tamponi è stato eseguito tra il 13 e il 20 aprile (1.054 complessivi) con 200 positività che, nelle settimane successive, sono scese rispettivamente a 64, 59, 62 e 46. Il maggior numero di decessi si è verificato nei primi diciotto giorni di aprile, quando le aree di isolamento non sono risultate efficaci al 100%. Ecco, perciò, la necessità di identificare una struttura unica per proteggere gli ospiti negativi e dare sollievo agli operatori, provocando un vuoto sanitario negli spazi da sanificare e sterilizzare velocemente”.

I dati, aggiornati alla mezzanotte di ieri, indicano attualmente 186 ospiti positivi nelle residenze e dieci nelle Rsa, oltre a 46 operatori. “In assenza di nuovi focolai – ha concluso Corti – persiste un fabbisogno di 70-80 posti letto in Rsa per pazienti positivi vecchi e nuovi, più altri 120 per guariti e incerti. Sono in fase di identificazione grandi strutture residenziali per l’ingresso di nuovi ospiti o il reingresso di quelli ospedalizzati non Covid. La situazione è sotto controllo, ma non abbiamo ancora vinto la guerra”.

“La nave Covid non approderà mai a Trieste. Colpita e affondata, come nel gioco della battaglia navale. Ma le risposte in merito all’opportunità di questa scelta non sono arrivate e l’audizione dei dirigenti sanitari è stata sospesa dal presidente di commissione, il leghista Ivo Moras, per pausa pranzo. Dopo aver fatto ballare un’intera città per settimane, quindi, non sono state chiarite paternità e responsabilità: la vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana”.

Lo afferma il consigliere Roberto Cosolini nel commentare l’esito dell’audizione, aggiungendo che “su un piano alternativo non sappiamo ancora nulla”.

Perplessità anche da parte del consigliere Andrea Ussai: “Ci preoccupa il fatto che attualmente non sembrano esserci percorsi chiari per i pazienti asintomatici o con pochi sintomi e, soprattutto, la mancanza di un piano B per un fabbisogno di circa 70-80 posti letto in Rsa, da dedicare esclusivamente a soggetti Covid-positivi, e di ulteriori 50 per soggetti guariti o incerti. Senza contare che ci sono circa 100 persone bloccate in ospedale o in case di cura accreditate, che attendono l’accoglimento in casa di riposo, e altrettante in lista d’attesa dal domicilio. Una situazione che, da un lato, mette a rischio la sostenibilità economica delle case di riposo e, dall’altro, costringe gli anziani in strutture dove non sarebbe garantita l’adeguata separazione dei percorsi”.

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