Crollo dei negozi al dettaglio nei centri storici: rischio desertificazione commerciale

FVG – C’era una volta il commercio: questo in estrema sintesi il “quadro” che emerge dalla consueta analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.

Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante.

Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio.

“Complessivamente – sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella – la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione”.

Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.

Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).

La situazione in Regione

A Udine dal 2012 al 2022 il calo è del 17% nel commercio del centro storico (da 564 a 468 imprese, -96) e del 12% nell’area non centrale (da 403 a 355, -48). Crescono, al contrario, i dati di alberghi, bar e ristoranti: nel complesso si passa da 358 a 364 (+2%) in centro storico e da 235 a 253 (+8%) fuori dal centro.

“La situazione rimane di sofferenza – commenta il presidente del mandamento di Confcommercio Udine Giuseppe Pavan – visto il pesante calo del potere d’acquisto delle famiglie. La nostra associazione, tra l’altro con la promozione di un evento come lo Sbaracco, lavora per il rilancio del settore commerciale, il più in difficoltà, e ci aspettiamo molto anche dall’Adunata degli Alpini, nella convinzione che Udine possa presentarsi al meglio”.

“Di certo, più in generale, si deve insistere nella ricerca di una nuova capacità di pianificazione, meno burocratica, per dare risposte alle esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni della città. Nell’anno delle elezioni è anche importante che la classe politica non pensi solo alla conta alle urne, ma abbia in testa un serio programma di rilancio”.

A Pordenone dal 2012 al 2022 il calo è stato del 23% nel commercio del centro storico (da 301 a 231 imprese) e del 7% nell’area non centrale (da 211 a 196). Calano alberghi, bar e ristoranti al centro: in centro storico da 156 a 139 (-11%) mentre aumentano fuori dal centro: da 121 a 156 (+29%).

A Trieste dal 2012 al 2022 il calo è stato del 32% nel commercio del centro storico (da 204 a 137 imprese) e del 28% nell’area non centrale (da 1683 a 1205). Crescono i dati di alberghi, bar e ristoranti al centro: in centro storico da 119 a 150 (+26,3%) mentre diminuiscono fuori dal centro: da 992 a 928 (- 6,4%).

A Gorizia dal 2012 al 2022 c’è stato un calo pressoché generalizzato, a parte un piccolo incemento del commercio fuori dal centro. La diminuzione è stata del 28% nel commercio del centro storico (da 269 a 192 imprese) mentre nell’area non centrale è cresciuto dell’8% (da 114 a 124). Calano i dati di alberghi, bar e ristoranti sia in centro che in periferia: in centro storico da 130 a 107 (-17,7%) e fuori dal centro da 73 a 65 (- 10,7%).

Rischio desertificazione commerciale

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%).

Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta.

E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022.

Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

Il presidente di Confcommercio nazionale Carlo Sangalli ha così commentato: “La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali”.

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