Stress climatici e agricoltura: cali drammatici nelle coltivazioni anche in Friuli Venezia Giulia
FVG – La Giornata Mondiale dell’Alimentazione, che ricorre il 16 ottobre, diventa quest’anno un’occasione da non mancare per riflettere sul modo in cui la crisi climatica sta trasformando radicalmente le produzioni agricole italiane, con un impatto particolarmente grave su colture frutticole e orticole.
Dai crolli produttivi ai rincari al consumo, lo scenario che emerge è preoccupante. Serve un cambio di strategia per garantire la sicurezza alimentare, la sostenibilità del territorio e la sopravvivenza delle aziende agricole.
Il clima che cambia e i danni alle coltivazioni
Il 2025 ha fatto registrare condizioni climatiche estreme su molti fronti: inverni miti seguiti da gelate, ondate di calore intense, grandinate e precipitazioni disordinate si sono combinate per colpire le fasi più delicate dello sviluppo vegetativo.
La frutta ha pagato il prezzo più alto: in diverse aree d’Italia si sono registrati crolli che vanno dal 100 % per le ciliegie al 60 % per le mandorle, dal 35 % per le pere al 20 % per pesche e albicocche. I prezzi al consumo sono schizzati: in alcune zone le ciliegie erano vendute a 23 euro al chilo.
Molte aziende segnalano come gli inverni miti abbiano anticipato la ripresa vegetativa delle piante, rendendo i fiori e i germogli vulnerabili a eventuali ritorni di gelo. A ciò si sommano le fasi estive con scarsità idrica e stress termico, che influiscono su resa, calibro e qualità del prodotto. Inoltre, si accentuano malattie fungine e parassiti, favorite dalle condizioni climatiche irregolari e dalla maggiore pressione da stress ambientale.
Il comparto lattiero-caseario non resta estraneo: lo stress termico sugli animali riduce la produzione di latte, mentre i costi operativi per mitigare il caldo (raffrescamento, ventilazione, sistemi di ombreggiamento) aumentano. Nel 2025, la produzione di latte in Europa è diminuita dell’1 %, con flessioni più rilevanti in Italia, specialmente nelle regioni con estati particolarmente calde.
Parallelamente, si osserva un fenomeno che si afferma come tratto distintivo della crisi climatica nell’economia agricola: la climate inflation. I rincari dei costi produttivi e la ridotta disponibilità di prodotti nazionali trasferiscono la pressione sui consumatori, con conseguenze molto rilevanti in termini di accesso al cibo per le fasce più fragili.
Il quadro in Friuli Venezia Giulia
Anche in Friuli Venezia Giulia la crisi climatica non è uno spettro lontano, ma realtà già tangibile. Secondo i dati di ARPA FVG, l’estate 2024 è risultata tra le più secche nella storia recente: in molte località della pianura e dell’Isontino le precipitazioni totali estive sono state particolarmente basse, collocando la regione al vertice tra quelle del Nord Italia più colpite da siccità.
L’analisi del documento Segnali dal clima in FVG mostra come il bilancio idroclimatico (differenza tra pioggia ed evapotraspirazione) estivo tenda sempre più spesso a valori fortemente negativi, mettendo sotto stress le colture agricole. Nel documento “Il clima del FVG” si evidenzia inoltre come la regione presenti una varietà climatica interna notevole (mediterranea, continentale, alpina) che, pur essendo un valore territoriale, rende gli impatti del cambiamento climatico più diversificati e complessi da gestire.
Per le coltivazioni frutticole e orticole locali, questa situazione significa costi maggiori per irrigazione supplementare, protezioni contro brinate e gelate (ventilatori, bruciatori, schermature), e una crescente difficoltà a mantenere varietà più pregiate. In alcune aziende del territorio si registrano rese inferiori alle aspettative, con conseguenti abbandoni di varietà a più alto rischio. Contemporaneamente, le infrastrutture irrigue faticano a rispondere ai picchi di domanda nei momenti critici, esponendo le colture a periodi di deficit idrico. Anche per coltivazioni ormai radicate in regione, come il kiwi, si segnalano danni da gelo e grandine.
Questo scenario regionale dimostra che anche una zona agricola storicamente vocata come il FVG non è immune dalla tempesta del cambiamento climatico: serve anticipare le misure di adattamento prima che le perdite diventino irreversibili.
L’urgenza di modelli agricoli più resilienti
Per far fronte a questi scenari, le soluzioni non possono essere interventi spot: occorre un salto culturale e operativo. Le principali direttrici di intervento, secondo le associazioni di categoria, sono:
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selezione e diffusione di varietà più tolleranti agli stress idrici, al caldo intenso e alle gelate tardive;
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adozione di tecniche di agroecologia, agricoltura rigenerativa e pratiche di miglioramento del suolo (coperture vegetali, sostanza organica) che aumentino la capacità di ritenzione idrica e la resilienza;
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sistemi di irrigazione intelligenti, monitoraggio meteo-agronomico e allerta precoce per gestire eventi estremi;
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politiche pubbliche che sostengano la trasformazione strutturale del comparto agricolo, tutelino le risorse idriche, promuovano investimenti in infrastrutture e ricerca;
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sostegno economico alle aziende agricole che sopportano i costi aggiuntivi legati al cambiamento climatico, per evitare che l’innovazione resti un lusso.
La crisi climatica non è più un orizzonte futuro ma è già presente da almeno un decennio nelle campagne, nei campi e nei frutteti. Per difendere il patrimonio agricolo locale, ridare stabilità alle comunità rurali e garantire alimenti sani e accessibili – avvertono le associazioni – bisogna ripensare profondamente i modelli produttivi.