Terzo mandato: la Corte Costituzionale dice no. Le opinioni dei partiti

FVG – Il 6 novembre 2025 la Corte Costituzionale ha pronunciato una sentenza che segna un ulteriore punto nel dibattito sul limite dei mandati per i presidenti di Regione e per i vertici delle Province autonome. Con tale decisione i giudici hanno dichiarato illegittima la legge della Provincia autonoma di Trento che avrebbe permesso al suo presidente, Maurizio Fugatti, di candidarsi per un terzo mandato consecutivo.

Di più: la Corte ha affermato che il divieto al terzo mandato vale anche per le Regioni e Province a statuto speciale, confermando che nessun presidente eletto a suffragio universale e diretto può ottenere più di due mandati consecutivi.

La portata della decisione va oltre il caso trentino perché richiama un principio generale dell’ordinamento italiano secondo cui la rielezione senza limiti rischia di compromettere i meccanismi di ricambio democratico.

La questione assume particolare rilievo anche nel contesto del Friuli Venezia Giulia, dove il presidente Massimiliano Fedriga – anch’egli espressione di una forza politica che da tempo sostiene l’allungamento dei mandati e peraltro governatore molto popolare – si trova al termine del secondo mandato consecutivo. Fedriga ha commentato la sentenza sottolineando: «La Consulta non dice no al terzo mandato ma dice che bisogna farlo attraverso una norma razionale». Per il terzo mandato, insomma – sostiene – serve un accordo politico.

Allo stesso tempo, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, da una parte ha affermato che «le sentenze si rispettano», ma ne approfitta pure per chiedere che il Parlamento intervenga modificando la legge sul vincolo dei mandati, considerando l’attuale normativa “un’anomalia italiana”.

Le reazioni politiche sono ovviamente diverse e contrastanti tra maggioranza e opposizione. Partiti e movimenti di opposizione, in Friuli Venezia Giulia e in altre regioni, vedono nella sentenza una conferma della necessità di mettere limiti al potere. Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Diego Moretti, ha dichiarato che «il terzo mandato è ai titoli di coda» e che ora la politica del Friuli Venezia Giulia dovrebbe concentrarsi su sanità, economia e sociale anziché su manovre istituzionali. Per la maggioranza, il capogruppo della Lega in Consiglio regionale, Antonio Calligaris, ha lamentato che la decisione «limita il diritto dei cittadini di riconfermare la loro fiducia a chi ha dimostrato di saper governare». Ha inoltre sottolineato che «non è una questione di ambizione personale, ma del riconoscimento del merito e della fiducia popolare».

“La sentenza chiarisce che l’alternanza è considerata un elemento essenziale della forma di governo repubblicana e garantisce che nessuno resti troppo a lungo al potere e che ci sia ricambio democratico”. Lo afferma il presidente dell’assemblea Pd Fvg Franco Lenarduzzi, in merito alla bocciatura terzo mandato in Trentino da parte della Consulta.
“Il tema del terzo mandato ha di fatto bloccato il dibattito politico e anche il governo regionale – osserva Lenarduzzi – paralizzato dalla continua tensione tra le forze del centrodestra intorno alla ricandidatura del presidente Fedriga. Auspichiamo che ora ci si impegni più a governare occupandosi dei cittadini e delle imprese che attendono risposte concrete dall’amministrazione più che indugiare nei litigi interni”.

“Legittimo chiedersi come possa arrivare all’esame del Parlamento una norma ispirata a principi incostituzionali. La sentenza della Consulta non è un intralcio che si possa aggirare con un accordo politico, non si sa poi tra quali partiti. Giriamo pagina e sforziamo di fare al meglio la nostra parte. Abbiamo cominciato l’iter del Bilancio al Senato e ce n’è abbastanza di cui preoccuparci”. Lo afferma la senatrice Tatjana Rojc (Pd), dopo che il presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga ha detto, commentando la decisione della Corte costituzionale sul terzo mandato in Trentino, che “serve un accordo politico”.

Sul piano istituzionale, la sentenza stabilisce tre elementi chiave. Primo, il divieto al terzo mandato per presidenti eletti direttamente è un principio generale dell’ordinamento e vincola anche le autonomie speciali. Secondo, le leggi regionali o provinciali che provano a derogare questo limite possono essere annullate se contrastano con tale principio. Terzo, la decisione apre un passaggio verso la necessità di una norma nazionale che fissi criteri comuni, come indicato da diversi esponenti politici.

Il contesto nazionale non è nuovo a questo dibattito. Già con la sentenza n. 64 del 9 aprile 2025 la Corte aveva stabilito che il divieto al terzo mandato valeva anche per le Regioni a statuto ordinario, affermando che si tratta di una forma di tutela della democrazia, cioè «anti plebiscitaria». La decisione del 6 novembre 2025 è dunque un’estensione ai casi con autonomia speciale. Tale evoluzione rende più chiaro che non è l’autonomia a rendere diverso il rapporto dei mandati, ma il principio dell’elezione diretta e del ricambio nella carica.

In Friuli Venezia Giulia, il tema interessa in modo particolare per via del profilo politico del presidente Fedriga e della coalizione che guida la Regione. Fedriga ha interpretato la decisione come «una conferma di quanto stavo dicendo», cioè che serva una norma nazionale chiara e un accordo politico. In Consiglio regionale, il capogruppo della Lega Calligaris sostiene in modo più esteso il principio della libertà di scelta degli elettori. Le forze dell’opposizione, più intransigenti sulle regole democratiche, hanno invece accolto con favore la sentenza come passaggio necessario per evitare la concentrazione del potere.

Restano alcuni punti aperti. Il primo riguarda il perimetro dell’applicazione: la sentenza si riferisce ai presidenti eletti direttamente, ma non estende ancora il vincolo a tutti gli organismi regionali e locali. Il secondo è la via politica: finché non arriva una legge nazionale che disciplini il tema, resta un ambito di incertezza sulle modifiche possibili degli statuti regionali o provinciali. Il terzo, infine, riguarda l’impatto sui programmi di governo: in alcune Regioni la prospettiva di un terzo mandato era parte della strategia politica e amministrativa, per cui va valutato quanto la sentenza possa modificare le alleanze, le candidature e la logica del consenso.

La decisione della Corte potrà avere effetti concreti sul panorama politico italiano. Innanzitutto, segna un punto di svolta per il modello di governabilità nel quale la durata della carica viene riequilibrata con il principio del ricambio. In secondo luogo, impone alle forze politiche e agli attori istituzionali un ripensamento delle candidature e delle alleanze in vista delle prossime tornate elettorali regionali. In terzo luogo, per la cittadinanza, significa che la fiducia attribuita a un presidente può contare fino a un certo numero di mandati consecutivi, dopo di che entra in gioco il principio costituzionale.

In conclusione, la pronuncia del 6 novembre 2025 della Corte costituzionale rappresenta un passo significativo verso la definizione dei limiti della carica elettiva per i governatori. Il tema non riguarda solo un singolo territorio o una singola legislatura, ma tocca la natura del rapporto tra eletti ed elettori, tra mandati e mandato, tra continuità e cambiamento. Le forze politiche locali e nazionali sono ora chiamate a confrontarsi non solo con la sentenza, ma con le sue implicazioni civiche: quale modello di rappresentanza e quale ricambio si vuole per le istituzioni regionali italiane?

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