Un emendamento “Jolly” al bilancio basta a fermare il calo delle nascite in FVG? Il dibattito in Consiglio

Trieste – In Friuli Venezia Giulia la sessione di bilancio 2026 – in discussione in Consiglio in questi giorni – si intreccia con un dato demografico difficile da ignorare: la natalità in regione continua a scendere. Nel 2024 il tasso regionale si è fermato al 5,8 per mille, con sole 6.885 nascite, e nei primi sette mesi del 2025 il calo è proseguito, segnando un -5,4%. Numeri più bassi della media nazionale e lontanissimi da realtà positive del Nord Est come la Provincia di Bolzano, che registra un 10 per mille.

In questo scenario, l’annuncio dell’emendamento “Jolly” – già il nome suggerisce un intervento più estemporaneo che strategico – ha acceso il confronto politico.

La Maggioranza rivendica la misura come un segnale forte. Antonio Calligaris, capogruppo della Lega, la definisce «una misura che guarda alle giovani coppie nel modo giusto» e che integra il reddito delle giovani madri lavoratrici con un contributo mensile per un anno: 500 euro per le under 30 e 250 euro per le over 30, all’interno di un pacchetto da 139 milioni in tre anni. Per Calligaris si tratta di «una risposta vera alle famiglie», che valorizza il ruolo delle donne lavoratrici e rafforza l’idea di una Regione che sostiene chi contribuisce alla sua economia.

Sulla stessa linea Mauro Di Bert (Fedriga Presidente), che definisce la misura «un aiuto concreto per costruire il futuro delle giovani madri» e sottolinea il contributo da 40mila euro per l’acquisto della prima casa, parte integrante della manovra. Un intervento che, a suo avviso, può «alleggerire il carico economico delle famiglie» e contribuire a risalire la china di un inverno demografico ormai consolidato.

Di tutt’altro parere le Opposizioni, che accolgono positivamente la proposta di investire sulla natalità, ma contestano la natura del provvedimento. Per Diego Moretti (Pd) si tratta dell’ennesimo bonus che affronta un tema complesso con strumenti troppo semplicistici: «È necessario superare la politica dei bonus e garantire servizi. Qui serve un cambiamento culturale profondo».

La consigliera Rosaria Capozzi (M5S) sottolinea che le giovani under 30 non sono tutte lavoratrici: molte sono studentesse e la misura, limitata a un solo anno, non intercetta le reali esigenze di chi avrebbe bisogno di un sostegno continuativo. «Di fronte al calo delle nascite, misure episodiche e frammentarie non possono essere la risposta», afferma.

Un’analisi ancora più critica arriva da Serena Pellegrino (AVS) ed Elisa Moro (Sinistra Italiana). Pur apprezzando l’investimento economico, avvertono che «pensare che un bonus da 6mila euro o da 3mila possa cambiare scelte di vita è illusorio». I modelli più virtuosi – come Bolzano – mostrano che la natalità cresce dove il welfare è solido, i servizi funzionano e il mercato del lavoro è stabile. «La maternità non può essere selettiva: non possono esistere madri di serie A e madri di serie B», osservano, avvertendo che la misura rischia di escludere giovani donne senza contratti regolari, studenti fuori sede o lavoratrici precarie.

Il dibattito, insomma, ruota attorno a una domanda centrale: in un territorio che parte già da tassi bassi, un bonus annuale può davvero invertire il trend? I numeri dicono che il calo non è episodico ma strutturale, in linea con il declino nazionale, ma ancora più profondo. In questo contesto, il “Jolly” rischia di essere davvero ciò che il nome suggerisce: una carta utile nella mano della politica, ma ben lontana dall’essere una strategia che cambia la partita.

(Foto: Pixabay)

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