Quando il data journalism diventa un’arma aziendale che rivoluziona l’analisi dei competitors
Non mi riferisco a ricerche da “smanettoni” su internet, ma di una tecnica di analisi e di indagine rivoluzionaria, che mescola giornalismo investigativo, big data e AI per acquisire vantaggi competitivi misurabili, e senza violare la legge.
Tutti hanno accesso agli stessi strumenti di ricerca, ma la differenza la fa chi sa utilizzarli meglio, chi ha la giusta preparazione per analizzarli, e con metodologie professionali che trasformano informazioni sparse in intelligence strategica.
Gli strumenti che stanno cambiando le regole. I principali player del mercato competitive intelligence e il 61% dei marketer affermano che l’analisi competitiva aiuta a identificare nuove opportunità di business. Ma quando hai troppi dati, il rischio è perdersi dentro.
Il data journalism è una disciplina che unisce il giornalismo tradizionale con l’analisi e la visualizzazione di grandi quantità di dati. In pratica, i giornalisti che si occupano di data journalism usano i numeri solo da fonti pubbliche, database governativi, registri societari, pubblicazioni scientifiche, social media, banche dati, per trovare storie e raccontarle in modo più preciso e oggettivo, seguendo metodologie d’analisi e alcune volte tecniche investigative giornalistiche. La differenza con lo spionaggio industriale? Tutto è trasparente, estremamente legale.
Come funziona. Il processo del data journalism si può dividere sinteticamente in diverse fasi:
– Raccolta dei dati: la prima fase consiste nel trovare i dati. Possono provenire da fonti pubbliche (come enti governativi, istituti di ricerca, database aperti), da documenti aziendali o da ricerche commissionate;
– Pulizia e analisi dei dati: i dati grezzi sono spesso disordinati e pieni di errori. Vanno quindi “puliti” per renderli utilizzabili. Successivamente, vengono analizzati per individuare tendenze, correlazioni, anomalie o schemi che possano costituire la base di una storia;
– Contestualizzazione: i numeri da soli non bastano. Il data journalist deve interpretare i dati e metterli in relazione con il contesto sociale, economico o politico per dare loro un significato;
– Visualizzazione: spesso i dati vengono raccontati attraverso grafici, mappe interattive, infografiche o altre visualizzazioni. Questo rende le informazioni più facili da capire per il pubblico e trasforma i numeri in una narrazione visiva coinvolgente;
– Narrazione: l’ultima fase è la scrittura della storia. Il giornalista usa i dati e le visualizzazioni come prove per creare un racconto che sia informativo e d’impatto.
Pertanto, un data journalist esperto può:
– Anticipare le mosse dei competitors;
– Identificare nuovi mercati nazionali ed esteri;
– Prevedere crisi settoriali;
– Scoprire partnership nascoste;
– Mappare strategie di pricing;
– Creare contenuti giornalistici promozionali per far conoscere l’impresa all’estero. Trasformare i dati di settore in storytelling strategico, è un’attività che può beneficiare di contributi a fondo perduto per l’internazionalizzazione.
Un esempio concreto per l’Italia. Prendiamo un’azienda metalmeccanica italiana che vuole espandersi nei mercati europei. Il data journalist incaricato, dovrà: condurre ricerche di mercato approfondite sui competitor principali e su potenziali clienti e distributori, analizzare il messaging pubblicitario e il linguaggio narrativo utilizzato sui siti web delle aziende concorrenti e delle eventuali sue collegate, studiare i bandi di gara europei per individuare nuove opportunità di business, analizzare i dati di bilancio dei concorrenti individuati, creare contenuti giornalistici promozionali per far conoscere l’impresa italiana verso alcuni paesi esteri, trasformando dati di settore in storytelling. Tutto legale, tutto pubblico, ma con risultati strategici che possono orientare investimenti milionari del committente.
Il gap italiano. In Italia questa figura è sconosciuta, mentre in USA e nel nord Europa le aziende hanno collaborazioni consolidate con i data journalist. Le aziende italiane si affidano, invece, a non qualificati consulenti o a “smanettoni” interni all’azienda, perdendo opportunità decisive.
Casi verificati. Netflix ha raggiunto 301.63 milioni di abbonati globalmente a fine 2024, dominando il mercato streaming. Non ha vinto per intuizione, ma interpretando meglio i dati: pattern di consumo digitale, preferenze degli utenti, ottimizzazione dei contenuti.
Impatto business e futuro. Prima servivano mesi per un’analisi competitiva, oggi abbiamo insight in tempo reale. Il problema è che velocità e accuratezza non vanno sempre d’accordo: i primi dati che arrivano sono spesso incompleti o fuorvianti. Eppoi, diciamoci la verità: i dati raccontano cosa sta succedendo, ma raramente spiegano il perché. Gli strumenti gratuiti come Google Alerts e Similarweb hanno democratizzato l’accesso all’intelligence competitiva, ma attenzione: hanno anche dei limiti importanti in termini di profondità e frequenza di aggiornamento.
I competitors internazionali investono massicciamente, mentre chi non lo fa rischia di rimanere indietro perché non sa cosa fanno gli altri.
Le aziende italiane fanno ancora in tempo a colmare il gap, ma serve la cultura del dato e, soprattutto, riconoscere che il data journalism non è lusso ma una necessità strategica.
Nota dell’autore: chi scrive sta sviluppando un ebook sul “Data journalism per l’analisi competitiva: manuale pratico per aziende italiane”, per colmare un vuoto formativo che costa caro alle nostre imprese.
La vera competenza futura non sarà raccogliere più informazioni degli altri, ma saper scegliere quando ignorarle.
Enrico Sgariboldi
BRAND & DATA JOURNALISM
Scegliere sempre il giornalismo d’impresa,
la pubblicità cerca di convincere, il giornalismo, invece, informa e costruisce credibilità.
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