Dazi al 30% dagli Stati Uniti, si temono rischi per l’export del Friuli Venezia Giulia
FVG – La decisione annunciata dal presidente statunitense Donald Trump di introdurre dazi del 30% sulle esportazioni europee a partire dal 1° agosto – salvo esiti più favorevoli dei negoziati attualmente in discussione tra i Paesi UE – rischia di colpire duramente il tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia. Secondo alcune stime “a caldo” dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, il danno potenziale per le imprese della regione potrebbe superare il miliardo di euro, mettendo in difficoltà i comparti industriali maggiormente esposti all’export verso gli Stati Uniti.
La misura riguarda una lunga lista di categorie merceologiche e si aggiunge ai dazi già in vigore del 50% su acciaio e alluminio e del 25% sul comparto automobilistico. Nella lettera inviata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Trump ha avvertito che il provvedimento potrà essere ulteriormente aggravato in caso di reazioni da parte dell’UE. In un contesto reso ancora più instabile dalla svalutazione del dollaro, sceso del 13% rispetto a gennaio, le aziende del FVG si trovano in una situazione di forte incertezza.
Le dichiarazioni politiche
Le reazioni del mondo politico regionale sono state immediate. Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha dichiarato alla Rai regionale che «I dazi al 30% sono un danno enorme per l’Europa e per gli Stati Uniti: perché l’alleanza tra Europa e Stati Uniti – non soltanto politica ma anche commerciale – ha garantito una ricchezza importante a entrambe le parti». Fedriga invita a «negoziare con l’amministrazione americana in modo responsabile e senza reazioni isteriche, cercando ovviamente di tutelare le nostre produzioni».
Più netta la presa di posizione delle opposizioni, con la segretaria regionale del Pd, Caterina Conti, che accusa il presidente USA di “attacco deliberato all’Europa” e chiede al governatore Fedriga, anche in qualità di guida della Conferenza delle Regioni, di intervenire per ottenere misure di sostegno immediate: “Il negoziato con gli Stati Uniti va portato avanti sapendo che nessuno se la cava da solo e che non conviene affidarsi alla sbandierata e finta amicizia con Trump: trattare sì ma non con le mani legate. Sia il 10 o il 30 per cento, i dazi di Trump sono un attacco deliberato all’Europa e colpiscono duramente il Friuli Venezia Giulia. Mi aspetto che il presidente Fedriga tuteli gli interessi del Fvg e faccia pressioni, anche nel suo ruolo di presidente della Conferenza delle Regioni, per uscire da questo ennesimo pasticcio che costerà migliaia di posti di lavoro e pezzi di Pil. Auspichiamo che siano già state quantificate e previste misure per sostenere massicciamente le imprese regionali più colpite dai dazi”.
L’export del FVG verso gli USA
Nel 2024, il Friuli Venezia Giulia ha esportato beni per un valore complessivo di 2,37 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, rendendo il mercato americano uno dei principali sbocchi commerciali per le imprese regionali. La provincia più esposta è Gorizia, che da sola rappresenta quasi metà del flusso con oltre un miliardo di euro, grazie in gran parte al settore della navalmeccanica. Seguono Udine con 635 milioni e Pordenone con 548 milioni, mentre Trieste, con 127 milioni, si presenta come la meno colpita.
Analizzando i settori, si nota che le navi e le imbarcazioni sono tra i beni più esportati, seguiti da mobili e macchinari per impieghi speciali. Nella sola provincia di Udine, i macchinari costituiscono oltre il 51% dell’export verso gli USA, con un valore di 328,4 milioni di euro e una crescita dell’11% rispetto al 2023. Seguono i mobili, con 67,4 milioni (+11,2%), e le apparecchiature elettriche, che registrano un’esplosione del +105%, arrivando a 42,9 milioni. I prodotti in metallo raggiungono 50,3 milioni, pur in calo marcato rispetto all’anno precedente (-39,2%), mentre la metallurgia si attesta sui 34,2 milioni (-19,3%). Altri comparti significativi includono le bevande, vino in particolare, con 18,7 milioni di euro (+10,2%), i prodotti elettronici e ottici (15,9 milioni, +40,8%) e gli alimentari, che pur rappresentando una quota più ridotta (14,1 milioni) segnano una flessione del 3,5%.
Le preoccupazioni di Confindustria Udine
Il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo, sottolinea come le caratteristiche della produzione friulana rendano particolarmente problematico l’effetto dei dazi: «La maggior parte dei materiali esportati è prodotta su specifiche richieste dei clienti, trattandosi di macchinari e non di beni di consumo. Questo comporta un significativo aumento dei costi per la produzione di impianti e attrezzature specializzate, con un conseguente rincaro dei prezzi per i committenti americani». Pozzo evidenzia come l’inasprimento delle barriere tariffarie rischi di compromettere il processo di reindustrializzazione auspicato dallo stesso governo statunitense. «Se davvero si vuole rilanciare l’industria americana, bisogna rendere più semplice e meno costoso l’accesso a tecnologie e impianti. Detto ciò – conclude – credo che siamo ancora in una fase negoziale. È essenziale costruire una grande Europa industriale, ma anche ristabilire un’intesa stabile e duratura con gli Stati Uniti, perché in questa fase di post-globalizzazione dobbiamo collaborare per ricostruire le filiere produttive, non dividerci».
Nel clima attuale, la sfida per il Friuli Venezia Giulia sarà quella di mantenere le proprie quote di mercato in un contesto internazionale sempre più instabile e protezionista, senza rinunciare alla propria vocazione industriale e all’apertura verso i mercati globali.