Don’t Look Up: un monito per tutti coloro che nella vita rifiutano la pratica del pensiero

Fvg – Ma insomma, cosa ci sta accadendo? Raramente mi sono sentito così rassicurato, pur nella visione di un film fondamentalmente catastrofico, dall’intelligenza di una produzione cinematografica. Il tema trattato diventa foriero di una serie di riflessioni che ci toccano da vicino, che percepiamo come facenti parte del nostro vivere quotidiano, ma che non siamo in grado di decifrare, di vedere e di prenderne le distanze. Ci siamo chiesti, in questi ultimi difficili anni, come cambierà la realtà, senza avere la consapevolezza che da qualche parte la realtà è già cambiata da un bel pezzo.

Don’t Look Up, non è solamente il titolo di un apprezzabile film concepito dalla Paramount Pitture nel 2019 – precedente quindi alla pandemia Covid-19 – e acquisito da Netflix nel 2020, ma anche un monito per tutti coloro che nella vita rifiutano la pratica del pensiero, in funzione di una bulimia di informazioni discordanti e faziose.

La regia di Adam McKay, brillante e divertente, si concede un’ autocitazione proprio nelle parole del giornalista televisivo: “Noi qui diamo delle notizie, ma lo facciamo in maniera divertente, per non stufare il pubblico…” e tutta la kermesse dei personaggi si muove all’interno di un teatrino di posa, dove le parole e gli atteggiamenti sono studiati per non essere uncool, per non essere fuori dai tempi dello spettacolo e della campagna politica. Ma siamo veramente sicuri che il film si presenti solamente come una commedia divertente da pizza e birra con gli amici? Certo il tema della catastrofe imminente e della suspense che genera, ha sempre attratto molti spettatori, specie nella seconda metà degli anni ’80, ma verrebbe da chiedersi quale sia realmente la catastrofe che il film mostra? Una gigantesca cometa che punta verso la terra con il fine ultimo di estinguere la razza umana? Oppure la razza umana che preferisce rischiare l’estinzione per aumentare i profitti, vincere le elezioni e far aumentare lo share televisivo?

Ed ecco che in risposta si visualizza la galleria di personaggi rimasti impressi nella nostra memoria. Una Presidente degli Stati Uniti, bella donna molto attenta al trucco e parrucco, una strepitosa Meryl Streep con un figlio cocainomane e stupidamente social che gioca a fare il capo di gabinetto; un docente universitario serio e amato dagli studenti, l’impeccabile Leonardo DiCaprio, che si perde nelle spire di una conduttrice televisiva mangiauomini, l’indimenticabile Cate Blanchett, abbandonando moglie e figli e facendo una discreta carriera televisiva; l’uomo più ricco del mondo grazie alla sua azienda di telefonini, con l’empatia di una slavina e con l’occhio per il guadagno smisurato; una studentessa, la brava Jennifer Lawrence, che mantiene dietro l’apparente guscio ruvido, una parvenza di umanità, svilita e vilipesa perchè troppo aggressiva e poco telegenica e non per ultimo, la cometa, che non è solo una minaccia, ma anche un scrigno pieno di tesori e di minerali indispensabili alla vita moderna.

La tecnica si mette in moto in questa fase della narrazione, il colosso della comunicazione mette a disposizione la sua competenza e i suoi mezzi, per una missione dedicata al recupero indolore della cometa preziosa, per un suo guadagno personale, promettendo, però, posti di lavoro per tutti.
La missione, che nasce dalla dimenticanza di ciò che aveva già preannunciato Prometeo, ovvero che la natura è di gran lunga più forte e potente della tecnica, presenta alcuni rischi che il signore della telefonia mobile, intende assumersi, o meglio far assumere alla stragrande maggioranza della popolazione terreste.

I contenuti scivolano via durante la proiezione, intervallati da momenti ironici e di comicità studiata da esperti sceneggiatori, con il fine ultimo di confezionare un prodotto Netflix perfettamente inserito in un contenitore prestabilito. La veste grafica del film si presenta accattivante e ipertestuale, calando la visione nel periodo storico che meglio la rappresenta.

Don’t Look Up è un film che parla della nostra generazione, del potere dei Media e della tirannia dello spettacolo, della prestazione continua, dell’apparire piuttosto che dell’essere, della fame bulimica di nuova tecnologia che dovrebbe migliorare il mondo. E’ veramente interessante constatare che, tra le figure che meglio escono dal carrozzone di mostruosità Freak  di scienziati, giornalisti televisivi e politici rapaci, spicca proprio una cantante dalla voce melodica e potente, che sembra avere l’intelligenza di uno scalino ma che poi ci regala uno show di suoni, luci, colori e realtà con la sensibilità di chi non ha ormai più niente da perdere, e diventa icona di una battaglia persa sul nascere, come a ribadire che l’unica cosa che, ancora, ci può salvare è la creatività.

Consigliata la visione, non priva di dibattito. Non si può prescindere da un confronto/scontro sempre più necessario per far emergere le diversità delle nostre intelligenze che hanno bisogno di essere stimolate.
Per approfondire l’argomento, vi suggerisco la lettura del fumetto da me disegnato su testo di Tiziana Bianca che trovate in questo blog: http://raimondo-nerodichina.blogspot.com/Anteprima immagine

Raimondo Pasin studia all’Accademia delle belle Arti di Venezia e frequenta il corso di mass media tenuto dal Docente Carlo Montanaro. In seguito si abilita all’insegnamento di “Linguaggio per la cinematografia e la televisione” all’Accademia delle belle Arti di Bologna. Insegna cinematografia al corso audiovisivo dell’istituto Galvani di Trieste fino al 2018. Attualmente insegna Disegno e Storia dell’arte al Liceo Galilei di Trieste.

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