Sulla prassi dell’economia sostenibile
Economia civile e agricoltura sociale: il valore nascosto
L’altro giorno una mia carissima amica mi ha invitato ad una cena a casa sua. A fine cena portò in tavola due piattini, ciascuno con una mela. Erano piccole e un po’ imperfette, ben lontane dalle mele lucide dei supermercati.
«Questo è il dolce», disse. «Io sono una persona semplice anche a tavola: per te ho preparato la zuppa di verdure del mio orto e il pane fatto in casa, ripieno di peperoni e patate.» Poi aggiunse: «Mangia questa mela e dimmi cosa ti viene in mente».
Per un attimo pensai che volesse tentarmi come Eva con il frutto proibito. Invece, cominciò a raccontarmi la storia nascosta dietro quel frutto: «Quando ci sediamo a tavola», mi spiegò, «difficilmente pensiamo al percorso di una mela prima che arrivi nel nostro piatto». Eppure, dietro un semplice frutto si cela un mondo intero.
Da brava sociologa, mi spiegò che in uno spazio invisibile al consumatore si incontrano tre realtà distinte:
– l’economia tradizionale, con grandi distribuzioni e monocolture intensive;
– l’economia civile (cooperative sociali, commercio equo);
– l’agricoltura sociale, espressione concreta di quest’ultima, che trasforma i campi in laboratori di speranza e riscatto.
L’economia civile non è un’invenzione contemporanea. Le sue radici affondano nel Settecento, quando il filosofo ed economista napoletano Antonio Genovesi teorizzò un sistema economico capace di coniugare efficienza produttiva e umanità. Diversamente da un modello assistenziale o da uno puramente orientato al profitto, l’economia civile mette al centro le persone e costruisce reti capaci di trasformare fragilità e marginalità in occasioni di crescita per tutti. In questo modo dà concretezza all’idea di sostenibilità: rispondere ai bisogni di oggi senza togliere futuro alle prossime generazioni. Un esempio concreto è l’agricoltura sociale, che unisce rispetto per l’ambiente e inclusione sociale.
Dopo quasi un’ora e mezza si fermò a riprendere fiato, poi disse: «Secondo te, Enrico, quanti sanno davvero cos’è l’agricoltura sociale? Tu lo sai, vero, che si tratta di quell’esperienza che unisce alla produzione agricola servizi educativi, terapeutici e percorsi di inclusione lavorativa per persone con disabilità o in situazioni di fragilità?».
Negli ultimi anni l’agricoltura sociale è cresciuta in Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Sicilia ed Emilia-Romagna. Proprio quest’ultima regione rappresenta un esempio virtuoso: qui le aziende agricole diventano luoghi di riscatto e di futuro, offrendo competenze e opportunità concrete a chi vive situazioni di svantaggio. Le cooperative e le imprese impegnate in questo modello adottano pratiche sostenibili, come l’agricoltura biologica, la rotazione delle colture, il compostaggio e la riduzione dei pesticidi, dimostrando che inclusione sociale e rispetto dell’ambiente possono camminare insieme.
«Adesso è giusto che tu scriva tutte queste cose importanti nel tuo prossimo articolo, perché un’altra economia è possibile.»
«Certo, è un tema fondamentale», risposi. Poi sorrisi e aggiunsi: «Sai, credo che fin dalla notte dei tempi l’uomo non abbia mai davvero compreso cosa si nasconde dietro una mela. La prossima volta ceneremo da me: una pizza e, per dolce, le tue mele. Così non dovrai più spiegarmi nulla su cosa si nasconde dietro una mela… almeno fino al prossimo frutto!»
Non dimenticherò mai che ogni morso può racchiudere una rivoluzione silenziosa, fatta di mani che accudiscono la terra e, nello stesso tempo, aiutano chi è più fragile.
Enrico Sgariboldi
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