Individualismo, confine invalicabile?

Trieste – Leggo sempre con grande interesse i commenti del professor Pier Aldo Rovatti – già docente di Filosofia contemporanea, Filosofia teoretica ed Estetica presso l’ateneo triestino – nella sua rubrica pubblicata sul quotidiano di Trieste “Il Piccolo”.

Rovatti si batte incessantemente contro il dilagante individualismo accecante. Le sue idee sono condivisibili e i suoi richiami al pensiero critico e alla riscoperta del valore intrinseco e irrinunciabile di chi è diverso da noi e delle relazioni sono utilissimi.

L’argomento è pressante e importantissimo per la diffusione di costumi e mode, in cui vige una regola non scritta, da sempre pericolosa, mai così estesa e legittimata, di un accentramento assoluto su se stessi, in una sorta di incartamento avvolgente e oscurante, che copre l’intera corporeità, anche lo sguardo e spesso paralizza il pensiero libero. Replicare acriticamente gli stili dominanti blocca infatti la vitalità del pensiero e credo la bellezza della vita.

Dai suoi scritti emerge comunque una volontà di uscita da questa situazione degenerativa, che non riguarda certo tutti, ma che impregna e ostacola non di poco la socialità e le formazioni comunitarie.

Tanti ego così giganteschi non possono che scontrarsi a tutti i livelli. Nessuno ha ricette in piccole confezioni e ad uso immediato. L’anomala ondata di narcisismo di varia entità richiede comunque lo sforzo di tentare altri sentieri educativi e di pensiero e altre scelte di vita.

Va detto che esiste un pullulare di oasi comunitarie di varia ispirazione che non fanno notizia, che entrano nella vita dei più provati e che agiscono al ritmo della gratuità e della relazione affettiva senza secondi fini. Sono numerose e hanno uno spirito indomito di altruismo creativo, parlano appunto con scelte e gesti personali e collettivi espliciti. Possiamo dire che non ce sono state mai tante: sono comunità aperte senza confini stretti, senza blocchi e senza ostilità.

A mio avviso tali stupende realtà sono il frutto di uomini e donne che almeno negli ultimi cento anni hanno preparato tale fioritura avendo fatto scelte radicali, sempre pagate a caro prezzo.

Comunque si ergono anche oggi come alberi robusti e con radici inamovibili. Negli ultimi mesi ne abbiamo ricordati due in occasione delle ricorrenze: don Lorenzo Milan ed il papa santo Giovanni XXIII. Cito qui le loro affermazioni: “La più grande ingiustizia è fare uguali tra disuguali” (don Lorenzo Milani); “Tutto il mondo è la mia famiglia” (San Giovanni XXIII).

Non da molto è venuto a mancare, e quanto ci manca, in un ambito più laico, il medico Gino Strada, che ha dato lezioni di civiltà e di pacifismo attivo a tutti noi. Solo per citarne alcuni, ma ci sono anche le coraggiose donne iraniane, le madri coraggio di vari scenari di guerra o di regimi autoritari.

Insomma è una questione di scelte che vanno dalla parte opposta allo sterile individualismo, e si possono fare in famiglia , a scuola, nel lavoro, nella sanità, nelle chiese. La vita disimpegnata appare infatti molto attraente, ma lascia sul terreno solo tanti infelici.

Nella foto: San Giovanni XXIII, fonte: Wikipedia – De Agostini Editore – StJohnXXIIICommunity.com: Info PicFlipboard.com: Info Pic, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=97776708

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