Lotta contro i batteri resistenti ai farmaci, un convegno internazionale a Trieste
Trieste – In vista della World Antimicrobial Resistance Awareness Week (18-24 novembre), dedicata quest’anno al tema “Agire ora: proteggere il nostro presente, assicurare il nostro futuro”, Area Science Park ha ospitato oggi l’International Workshop “Tackling Antimicrobial Resistance: Prevention, Monitoring and Counteraction”, un incontro di rilievo internazionale dedicato alla prevenzione, al monitoraggio e alle strategie di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (AMR).
L’evento, organizzato in collaborazione con l’Università di Trieste e promosso nell’ambito del progetto PRP@CERIC con il patrocinio del Ministero dell’Università e della Ricerca, della Società Italiana di Microbiologia e di altre istituzioni scientifiche, ha riunito esperti del mondo accademico, clinico e industriale per discutere le più recenti innovazioni nella lotta contro i batteri resistenti ai farmaci.
La resistenza antimicrobica, che si manifesta quando batteri, virus, funghi e parassiti diventano insensibili ai trattamenti, è considerata una delle maggiori minacce sanitarie globali. Ogni anno provoca 1,27 milioni di decessi diretti e quasi 5 milioni di morti complessive, un numero che supera quelli combinati di tubercolosi e HIV. I principali responsabili sono i cosiddetti batteri del gruppo ESKAPE (tra cui Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa), insieme a Mycobacterium tuberculosis e Streptococcus pneumoniae.
Nel corso del workshop è stato sottolineato come il monitoraggio rappresenti un pilastro essenziale del Piano Nazionale di Contrasto all’AMR. Secondo Federica Mantovani di Area Science Park, “in Italia cresce la consapevolezza sull’uso corretto degli antibiotici, ma a livello globale persistono forti disuguaglianze. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione Europea segnalano una grave carenza di innovazione: su circa novanta farmaci in sviluppo, solo quindici presentano caratteristiche realmente nuove”.
Da qui la necessità di potenziare la ricerca di base e applicata, investendo su terapie radicalmente diverse dagli antibiotici tradizionali. Tra gli approcci più promettenti, la comunità scientifica guarda agli anticorpi monoclonali e ai batteriofagi, entrambi capaci di colpire selettivamente i patogeni risparmiando il microbiota.
Claudia Sala della Fondazione Biotecnopolo di Siena ha illustrato i risultati delle ricerche sugli anticorpi monoclonali antibatterici, che potrebbero in futuro sostituire o integrare gli antibiotici convenzionali. Mariagrazia Di Luca, dell’Università di Pisa e dell’ICGEB, ha invece presentato gli studi sull’impiego dei virus batteriofagi come “antimicrobici di precisione”, capaci di distruggere solo i batteri patogeni resistenti.
Anche Stefania Stefani dell’Università di Catania ha ribadito l’importanza dell’approccio One Health, che considera insieme la salute umana, animale e ambientale: “La resistenza antimicrobica è un fenomeno globale ma con impatti locali diversi. Per affrontarlo servono strategie coordinate e una sorveglianza costante nei vari contesti, dall’uomo alla zootecnia fino agli ecosistemi naturali”.
Il workshop ha evidenziato la necessità di una cooperazione scientifica internazionale rafforzata, fondata su programmi di stewardship antibiotica, sorveglianza epidemiologica e promozione della ricerca di nuove terapie. Contrastare l’AMR, è emerso, significa proteggere la salute pubblica globale e assicurare la sostenibilità dei sistemi sanitari del futuro.

