Pordenone: Pasolini100, la solitudine dell’ala destra

PORDENONE – Aperta al pubblico, alla Galleria Harry Bertoia, “La solitudine dell’ala destra. Pier Paolo Pasolini e il calcio”, mostra composta per lo più da materiale inedito, realizzata da Cinemazero e Comune di Pordenone, con il sostegno della Regione Fvg e il patrocinio del Centro Studi Pasolini di Casarsa.

Con 120 fotografie, filmati, scritti, memorabilia che per la prima volta si svelano al pubblico, il percorso espositivo, curato da Piero Colussi, ricostruisce le tappe salienti della passione sportiva, di Pasolini, nel centenario della nascita.

La mostra, a ingresso libero, sarà aperta fino al 19 giugno.
In un’intervista all’Europeo il 31 dicembre 1970, Pasolini dichiarava: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».

La mostra narra questa passione dalle origini, a Bologna, città natale di Pasolini, dove frequentava il Liceo Galvani e il calcio riempiva le sue giornate; poi a Roma, nei campetti delle borgate, dove conobbe coloro che sarebbero diventati i protagonisti dei romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta. A metà degli anni ’60 fu tra gli ideatori, con Ninetto Davoli e Franco Citti, della squadra Attori e Cantanti, che qualche anno più tardi sarebbe divenuta Nazionale dello Spettacolo, di cui fu a lungo capitano.

Nella primavera 1975, qualche mese prima di essere assassinato, organizzò a Parma la partita tra la troupe di Salò e quella che a pochi chilometri di distanza girava Novecento di Bernardo Bertolucci. Fra i protagonisti della vittoria di Bertolucci, per 5 a 2, c’era un giovane della “primavera” del Parma, Carlo Ancellotti, che, era stato “assunto” come attrezzista nella troupe di Novecento e aveva pure segnato.

Il legame di Pasolini con il calcio era fortissimo: nel 1973, a una domanda di Enzo Biagi, per La Stampa, dichiarò che, senza cinema e senza scrivere, gli sarebbe piaciuto diventare «un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri».

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