Scompaiono i negozi di vicinato, crescono i bed and breakfast: i dati dell’analisi Confcommercio

FVG – In dieci anni sono scomparsi più di 900 negozi dalle città del Friuli Venezia Giulia. A livello nazionale, gli esercizi commerciali cessati sono oltre 100mila.

Lo rileva “Città e demografia d’impresa 2024”, la consueta analisi su base decennale (dati 2012-2023) dell’Ufficio Studi della Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, effettuata in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne e presentata a Roma lo scorso 8 febbraio dal direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio Mariano Bella alla presenza di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.

Crescono vertiginosamente i B&B

In controtendenza appare invece la crescita delle attività di alloggio in hotel e soprattutto in bed and breakfast: nel centro di Trieste sono cresciuti del 75%, nel centro di Udine del 58%, in quello di Pordenone del 25% e in centro a Gorizia del 42%.

Tengono o aumentano leggermente i ristoranti nei centri storici, aumentano in modo significativo nelle località di collina “di tendenza” (Collio, borghi dell’udinese e del pordenonese…).

Nello stesso periodo risulta rilevante la riduzione del numero di imprese italiane attive nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi e l’aumento di quelle i cui titolari sono cittadini stranieri.

È pure interessante notare che metà della nuova occupazione straniera nell’intera economia italiana (+242mila occupati in tutta Italia) viene proprio da questi settori. “Il commercio – ha commentato Mariano Bella – è la principale strada di integrazione per gli stranieri”.

La desertificazione commerciale dei centri storici

Nei centri storici sono sempre meno le attività tradizionali (carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più quelle che offrono servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%).

Nelle nostre città è diventato sempre più evidente il fenomeno della desertificazione commerciale.
Negli ultimi dieci anni sono scomparse dai 120 Comuni oggetto di analisi, oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%), tanto che la densità commerciale è passata da 12,9 a 10,9 negozi per mille abitanti, pari a un calo del 15,3%. Un fenomeno che non dipende se non in minima parte dal calo della popolazione, scesa solo del 2%.

La sfida: puntare su efficienza, produttività e vendite multicanale

Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, il commercio di prossimità non può che continuare a puntare su efficienza e produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta.

Resta fondamentale la multicanalità, ovvero l’utilizzo anche del canale online, le cui vendite sono passate da 17,9 miliardi nel 2019 a 35 miliardi nel 2023 (+95,5% i beni e +42,2% i servizi), con l’online che nel 2023 vale ormai il 17% degli acquisti di abbigliamento e il 12% del beauty.

La crescita dell’e-commerce è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale. “La sfida si acuisce per i nostri negozi – ha concluso Bella – è ora di prendere sul serio il tema del valore sociale del commercio”.

I commenti dei vertici di Confcommercio nazionali e locali

“Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città”: è il commento del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

“Le difficoltà del terziario, che rimane peraltro settore centrale nell’economia cittadina, se pensiamo agli oltre 11.500 lavoratori a Udine nel commercio e nell’ospitalità – è il commento del vicepresidente nazionale di Confcommercio e provinciale di Udine Giovanni Da Pozzo –, emergono quando manca una programmazione urbanistica che sia coerente con le dimensioni della città. La sempre più consolidata abitudine agli acquisti online ha indubbiamente aumentato in certi settori la desertificazione, ma non dimentichiamo anche il peso delle incombenze burocratiche e gli insostenibili costi della fiscalità sia nazionale che locale”.

“La situazione rimane di sofferenza – aggiunge il presidente del mandamento di Confcommercio Udine Giuseppe Pavan – ed è conseguenza della riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. Nell’attesa che possa dare i suoi frutti l’iniziativa dei Distretti del commercio, come pure la riforma il cui iter è partito in settimana con la presentazione dell’assessore Bini, la nostra associazione continuerà a lavorare sui tavoli istituzionali perché si creino le condizioni migliori per fare impresa in città. Di certo, si deve insistere nella ricerca di una nuova capacità di pianificazione, meno burocratica, per dare risposte alle esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni della città”.

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