Assassinio di Teresa Costanza e Trifone Ragone: ex coinquilini negano uso di Facebook

Pordenone – Giosuè Ruotolo, al momento unico imputato per l’assassinio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, avvenuto il 17 marzo 2015 nel posteggio del Palasport di Pordenone, è stato convocato nuovamente in Corte d’Assise, a Udine, il 10 luglio.

In questa sede è avvenuto un confronto tra lo stesso Giosuè Ruotolo e i due coinquilini, Sergio Romano e Daniele Renna, per chiarire le circostanze sulla creazione e l’utilizzo del profilo Facebook “anonimo anonimo”, con il quale furono inviati i messaggi molesti a Teresa Costanza nell’estate del 2014.

Il faccia a faccia tra Ruotolo e gli ex commilitoni era stato disposto dalla Corte di Assise per chiarire se Ruotolo abbia creato quel profilo da solo o se invece, come aveva sostenuto l’imputato nel corso del suo esame, all’ideazione abbiano partecipato anche gli altri due inquilini.

Circostanza, questa, negata assolutamente in aula da Renna e Romano, che hanno confermato le dichiarazioni rese in precedenza, sostenendo di essere venuti a conoscenza del profilo Facebook solo in seguito, quando Trifone andò a chiedere conto dei messaggi.

Nel frattempo, sul numero di luglio del periodico “Giallo” è stata pubblicata un’intervista con il padre di Trifone Ragone, dove viene rivelato un possibile movente per l’omicidio.

Il signor Francesco Ragone ha dichiarato alla rivista che “Trifone mi aveva detto che qualcuno minacciava Teresa e che lo avrebbe denunciato appena si fosse trasferito a Milano. Solo dopo la sua morte ho capito che si riferiva a Giosuè. Mio figlio è stato ucciso due giorni prima di partire, evidentemente da chi non voleva che facesse quella denuncia”.

Trifone, secondo la ricostruzione paterna, sarebbe stato ucciso prima di poter sporgere denuncia nei confronti delle tre persone che perseguitavano la sua fidanzata attraverso Facebook. Per questo motivo, Trifone avrebbe picchiato Ruotolo, che gli avrebbe giurato vendetta.
“Al telefono mio figlio mi ha detto: “Ho già parlato con un amico che presta servizio in polizia postale a Milano. Il tempo di arrivare là e faccio la denuncia”. Trifone non ha fatto nomi, e solo in un secondo momento ho capito a chi si riferiva” si legge ancora su “Giallo”.
Nell’intervista i genitori di Trifone parlano inoltre delle responsabilità degli altri due coinquilini, a loro avviso anch’essi coinvolti nell’attività di stalking.
Sergio Romano e Daniele Renna in aula hanno negato ogni tipo di utilizzo dei Social Network in relazione alla vicenda.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi