Archeoplastica, ecco i rifiuti restituiti dal mare: a Trieste una mostra sulla plastica vintage
Trieste – Un flacone di bagnoschiuma degli anni Settanta, un detersivo anni Ottanta, un contenitore del gelato Eldorado dai colori improbabili degli anni Sessanta: sono alcuni dei reperti – del secolo scorso – che raccontano la storia lunga e inquinante della plastica nella mostra Archeoplastica, visitabile dal 17 giugno al 17 agosto all’Immaginario Scientifico e al BioMa di Trieste. Oggetti restituiti dal mare, che diventano simboli tangibili dell’impatto ambientale provocato dalla cattiva gestione di questo materiale.
Il progetto Archeoplastica nasce nel 2018 grazie a Enzo Suma, guida naturalistica pugliese, che iniziò a raccogliere rifiuti spiaggiati sulle coste. Tutto cominciò con il ritrovamento di una spuma abbronzante degli anni ’60, dall’etichetta ancora leggibile, che postata sui social suscitò grande stupore: com’era possibile che fosse intatta dopo oltre mezzo secolo? Quella domanda ha dato origine a una collezione che oggi conta centinaia di oggetti trasformati in “fossili contemporanei” e condivisi online da una community attiva, oltre che protagonisti di mostre itineranti in tutta Italia.
A Trieste, la mostra è organizzata dall’Immaginario Scientifico in collaborazione con WWF Area Marina Protetta di Miramare e AcegasApsAmga. Presentata questa mattina, l’iniziativa è stata accolta con favore dai rappresentanti delle tre realtà, che ne hanno sottolineato il valore educativo e divulgativo. I reperti esposti, con il loro aspetto a volte nostalgico, offrono un’occasione per riflettere sulla persistenza della plastica nell’ambiente e sulla necessità di un cambiamento nei comportamenti quotidiani.
La mostra si articola tra due sedi: il Magazzino 26 dell’Immaginario Scientifico, aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18, e il BioMa – Biodiversitario Marino presso le Scuderie del Castello di Miramare, visitabile dal martedì al venerdì nel pomeriggio e durante il fine settimana anche al mattino. È previsto un biglietto ridotto per chi visita entrambi i musei.
Tra i reperti spicca anche un legame tutto triestino: un flacone di Fissansole, crema solare del 1977 prodotta dalla Fissan Brovedani e De Riù di Trieste, azienda strettamente legata alla figura di Osiride Brovedani. Imprenditore e benefattore, negli anni Trenta del secolo scorso Brovedani portò in Italia i prodotti Fissan. Nel corso della seconda guerra mondiale, Brovedani, la cui madre, Noemi Pinkerle, era ebrea, fu internato nel campo di concentramento di Dora, tragica esperienza raccontata nel suo diario Memorie di un deportato. Al suo rientro, si distinse per numerose opere di beneficenza, fino alla morte, avvenuta nel 1970. Oggi la sua storia è custodita da una Fondazione e da un museo a lui dedicato.
C’è anche un reperto che racconta una vera e propria traversata dell’Adriatico: si tratta di un cartello informativo proveniente dalla Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo, che dopo essere stato trascinato via da una mareggiata è stato ritrovato sulle spiagge di Brindisi. Dopo la mostra, tornerà simbolicamente “a casa”, nella riserva friulana da cui è partito.
L’iniziativa propone anche eventi collaterali, inclusi nel biglietto d’ingresso. Il 22 giugno e il 17 agosto sono in programma visite guidate alla mostra, mentre il 13 luglio si terrà un incontro con il ricercatore Carlo Franzosini sul tema delle microplastiche. Il 3 agosto, invece, è previsto un laboratorio con esperimenti e giochi dedicati ai più giovani.
Il problema della plastica in mare è drammatico: si stima che rappresenti l’85% dei rifiuti marini, con circa 10 milioni di tonnellate ogni anno, metà delle quali è costituita da oggetti monouso. Le microplastiche – derivanti dalla frammentazione di rifiuti più grandi ma anche da pneumatici e tessuti sintetici – rappresentano una minaccia crescente e difficile da intercettare. Il Mediterraneo, bacino chiuso e densamente popolato, ne ospita tra il 21% e il 54% a livello mondiale.
Attraverso l’inusuale impatto estetico dei suoi reperti, Archeoplastica lancia un messaggio da tenere bene a mente: quello che buttiamo non scompare, ma si conserva per anni e mette a repentaglio gli ecosistemi.
Per saperne di più:
https://www.archeoplastica.it/
(Foto di Alessandro Suggi)