Covid: pubblici esercizi allo stremo e ristori risibili, ma praticamente tutti rispettano regole. Le foto

Trieste – Scarsa a Trieste l’adesione alla campagna di disobbedienza #IOAPRO, proclamata sul web per il 15 gennaio. Pochi i pubblici esercizi che hanno sfidato il decreto che impone la chiusura dopo le 18 o solo lavoro per asporto.

Pronte le forze dell’ordine a prevenire proteste pubbliche e a individuare quella manciata di esercizi che alle 18 avevano ancora clienti ai tavoli.

Ed è così un flop, forse previsto, il tentativo non violento di protestare contro la chiusura dei locali per le misure di prevenzione contro Covid-19, un vero capestro per i pubblici esercizi.

Intanto il tempo passa e non si vede quella luce che possa permettere a categorie come ristoranti, bar, cinema, palestre, di poter riaprire le attività.

I 29 miliardi di euro di aiuti diretti erogati fino ad ora dal Governo alle attività economiche coinvolte dalla crisi pandemica sono stati del tutto insufficienti a lenire le difficoltà subite dagli imprenditori.

Se si rapportano questi 29 miliardi alla stima riferita alle  perdite di fatturato registrata l’anno scorso dalle imprese italiane, importo che sfiora i 423 miliardi di euro, il tasso di  copertura è stato pari a poco meno del 7 per cento circa: un’incidenza risibile (il calcolo è dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre).

In attesa dei nuovi ristori previsti nei prossimi giorni, l’arrabbiatura e il malessere tra gli operatori economici sono sempre più diffusi, in particolar modo tra coloro che conducono attività di piccola dimensione.

Unica scappatoia sono le consegne a domicilio, il più delle volte legate alle grosse reti come JustEat, Deliveroo, UberEats e simili, che funzionano con le app dello smartphone ed un network di addetti alle consegne (riders).

Galleria di foto a cura di Stefano Savini

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