Flash mob dell’Associazione Monfalcone Interetnica, tutti in acqua vestiti a Marina Julia

Monfalcone (Go) – L’associazione A.M.I. (Associazione Monfalcone Interetnica) ha organizzato un “flash mob” che si è svolto domenica 23 luglio sulla spiaggia di Marina Julia (Monfalcone, Gorizia) con il motto “Il mare è di tutti/e e il costume è mio”.

Nel corso della pacifica manifestazione, circa 200 persone – come riportano i media locali – hanno fatto il bagno vestiti in varie fogge per protestare contro il ventilato divieto del sindaco Anna Maria Cisint (Lega) di indossare un abito intero per bagnarsi nel mare monfalconese, comportamento adottato dalle donne di stretta osservanza musulmana.

L’episodio è stato ripreso anche dalla stampa nazionale.

A Monfalcone esiste una comunità di fede islamica molto numerosa; si tratta essenzialmente delle famiglie delle maestranze impiegate dalla Fincantieri nei suoi cantieri navali.

“A.M.I. – si legge in un post della pagina Facebook dell’Associazione – ringrazia tutti coloro che questa mattina hanno voluto partecipare a questa iniziativa allegra e determinata a contrastare le sparate intolleranti e fuori tempo della sindaca Cisint. Che ancora una volta si è coperta di critiche da mezza Italia. Anche i sindaci del Veneto hanno dichiarato che l’inclusione è importante anche per il turismo. Ma lei no, lei vuole sempre e solo dividere la città cavalcando e diffondendo intolleranza. Adesso raccoglie consensi di chi guarda e vive il passato condannando però il futuro della città”.

Le dichiarazioni del sindaco Anna Maria Cisint

Così la nota del sindaco Anna Maria Cisint, diramata alle testate giornalistiche a seguito del “flash mob”: “La manifestazione boomerang della sinistra monfalconese è l’ennesima dimostrazione dell’isolamento di una protesta sistematica alle decisioni del Comune, una sinistra che si limita sempre più a una marginalità di attivisti militanti e non riesce ad attrarre le folle annunciate nei comunicati della vigilia”.

“La città ha capito che la mia battaglia non è quella dei costumi da bagno ma quella del decoro e della dignità rivendicata dalla nostra comunità che anche nella scelta di entrare in acqua completamente vestiti ha però un simbolo che è la punta di un iceberg che è fatto di una lunga stagione di alterazione della convivenza civile che tocca il lavoro, la salute, il sociale, l’abitare e che ha come sottofondo il rifiuto a quelle pratiche più retrive che riportano a una visione dei comportamenti umani e della vessazione verso le donne che la nostra società non può accettare”.

“Il senso più profondo della nostra azione è la presa di coscienza che è stato raggiunto il limite della sostenibilità sociale e urbana ed è indispensabile invertire la rotta nel modello produttivo basato sul vergognoso sfruttamento degli stranieri poveri regalatoci dall’ipocrisia della tolleranza praticata per tanti anni della sinistra”.

“Oggi Monfalcone è diventato un caso nazionale attraverso il simbolo di una pratica di decoro, che è solo uno dei tanti elementi di un percorso che non intendo mollare per ridurre la pressione migratoria che sta cancellando la nostra identità”.

“La sinistra può arrampicarsi sugli specchi o camminare nell’acqua di Marina Julia, ma continua a stare dalla parte sbagliata degli interessi della città e dei monfalconesi, forse anche per cercare di camuffare le sue gravi responsabilità che hanno portato a questa situazione”.

La nota della consigliera regionale Laura Fasiolo (Pd)

“L’ordinanza annunciata dalla sindaca di Monfalcone per vietare il bagno vestiti è lo specchio della sua inadeguatezza nel governare un problema molto complicato che non può essere certo affrontato con escamotage estivi”.

Lo afferma in una nota la consigliera regionale Laura Fasiolo (Pd) che ha preso parte al flash mob organizzato dall’Associazione Monfalcone Interetnica sulla spiaggia di Marina Julia.

“Seppur non facile, esiste una strada percorribile per l’integrazione – spiega l’esponente dem – ed è proprio antitetica rispetto a quella in cui rischia di inciampare la sindaca Cisint. È necessario, infatti, entrare in un rapporto di cooperazione con il mondo culturale bengalese (e in generale musulmano) di Monfalcone, aprire un dialogo con le associazioni, raccogliere il confronto, favorire la scolarizzazione dei nuovi arrivi, uomini e donne, pretendere l’acculturazione delle donne non italofone e illustrare i perché della necessità di trovare un’armonizzazione in tanti settori. Spiegarlo a uomini e donne. Far diventare i messaggi presa di coscienza, consapevolezza”.

“Un semplice divieto di accedere da vestiti al bagno estivo – conclude Fasiolo – è un’azione punitiva e banale. Un divieto che non fa parte di un seme culturale, che acuisce semplicemente le tensioni e aggiunge le mortificazioni del nostro mondo alla pena quotidiana della chiusura nei veli di un integralismo ingessato che, per reazione, si farebbe sempre più spinto. Tenere la porta sempre aperta, la via giusta è l’alternativa del fermo e costruttivo dialogo culturale”.

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