Giorno del Ricordo: cerimonia alla Foiba di Basovizza. Il messaggio del presidente della Repubblica

Trieste – Si è tenuta stamane, mercoledì 10 febbraio, nel rispetto delle norme anti Covid, l’annuale cerimonia solenne del Giorno del Ricordo alla Foiba di Basovizza, Monumento Nazionale, sul Carso Triestino, promossa dal Comune di Trieste e dal Comitato per i Martiri delle Foibe, evento centrale di un ampio programma di manifestazioni e iniziative commemorative, culturali e di approfondimento storico.

Ricorrenza fissata appunto al 10 Febbraio – data in cui, nel 1947, fu firmato il Trattato di Pace di Parigi che, tra l’altro, assegnava alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro e gran parte della Venezia Giulia – e istituita nel 2004 con apposita legge dello Stato (L. 30 marzo 2004, n. 92) per ricordare le vittime delle foibe, l’esodo giuliano-dalmata e le drammatiche vicende del confine orientale negli anni a cavallo del secondo dopoguerra.

In precedenza, anche quest’anno, si è tenuta la collegata e più breve commemorazione alla Foiba di Monrupino.

La Cerimonia solenne, è stata aperta, come di rito, dall’ingresso sulla spianata della Foiba del Gonfalone della Città di Trieste, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, e del Gonfalone della città di Muggia, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare, unitamente ai Gonfaloni della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e del Comune di Duino Aurisina, nonché dei Medaglieri Nazionali: dell’Istituto del Nastro Azzurro, dell’Associazione Nazionale Alpini, dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, e della Federazione Nazionale Arditi d’Italia. Effettuato l’Alzabandiera, a cura del Reggimento Piemonte Cavalleria e dell’Associazione Nazionale Alpini – Sezione di Trieste ” M.O.V.M. Guido Corsi”.

Sono state deposte corone al Monumento ai Martiri delle Foibe da parte delle Istituzioni: dal Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, dal Commissario del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia e Prefetto di Trieste, Valerio Valenti, dal Sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza e dal Presidente del Comitato per i Martiri delle Foibe e della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini, nonchè da parte dei rappresentanti delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati. Presenti anche bandiere e labari della Lega Nazionale, Federazione Grigioverde, Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Associazione delle Comunità Istriane, Unione degli Istriani-Libera Provincia dell’Istria in Esilio, oltre ai Gonfaloni del Libero comune di Fiume in esilio, del Libero comune di Pola in esilio; del Libero comune di Zara in esilio.

Dopo la celebrazione della S. Messa, in suffragio dei Caduti di tutte le Foibe, da parte dell’arcivescovo Mons. Crepaldi, è stata poi data lettura della preghiera per gli infoibati, scritta dall’allora arcivescovo di Trieste e Capodistria mons. Antonio Santin.

Sono seguiti gli interventi del Presidente del Comitato per i Martiri delle Foibe e della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini, del Sindaco Roberto Dipiazza e del Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.

L’intervento del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza

Il Sindaco Dipiazza ha fatto riferimento ad una cerimonia che, nonostante le attuali limitazioni dovute alla pandemia, sempre più cresce d’importanza: “Se la presenza fisica è limitata è altrettanto vero che la partecipazione, l’attenzione e la vicinanza a questa giornata aumenta di anno in anno, perché alla storia non è più concesso di smarrire l’altra parte della memoria.

Qui – ha proseguito Dipiazza ricordando le vittime – sono state scritte pagine sanguinose della storia del ‘900, qui ogni pietra ha un lamento. Mons. Santin nella sua preghiera ricordava: “Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace”.

“La strada della pacificazione – ha ricordato il Sindaco – che ha visto protagonisti nel 2010 tre capi di Stato: Napolitano, Josipevic e Turk in piazza unità a Trieste e per la prima volta un leader dell’ex Jugoslavia nel luglio dello scorso anno, è venuto qui, davanti a questo monumento nazionale della Foiba di Basovizza, il presidente della Repubblica slovena Borut Pahor, che ringrazio, mano nella mano al nostro presidente Sergio Mattarella ha onorato questi nostri martiri italiani”.

“La volontà della Slovenia di fare luce su questi crimini è un significativo episodio di questo processo di verità. Il 19 settembre del 2019, un’importante risoluzione del Parlamento europeo “sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” ha acceso un’ulteriore e doverosa luce sulla storia del ‘900, equiparando i crimini dei regimi comunisti a quelli del nazismo, mentre dallo scorso anno, nella nostra Trieste abbiamo istituito il 12 giugno quale giornata per le celebrazioni della liberazione dal comunismo titino.”

“Il mondo, finalmente – ha detto il Sindaco – sta riconoscendo la tragedia delle foibe ed il dramma dell’esodo”. infine, Dipiazza a conclusione dell’intervento: “Su queste pietre intrise di sangue e lacrime, davanti a questo sacrario di Basovizza, simbolo dei drammi che hanno interessato il confine orientale durante la seconda guerra mondiale, che nel mio precedente mandato nel 2007 ha ritrovato il suo doveroso onore diventando monumento nazionale, conto, di accompagnare nel prossimo futuro anche un rappresentate della Repubblica di Croazia per rendere omaggio a queste vittime innocenti. Solo in questa direzione si potrà compiere quel processo di giustizia indicato da monsignor Santin”.

Dopo l’appuntamento di Basovizza, nei prossimi giorni proseguirà l’ampio programma delle iniziative collaterali organizzato dal Comune di Trieste, dal Comitato Martiri delle Foibe e dalle altre associazioni aderenti.

Le parole della senatrice Tatjana Rojc

“Il Giorno del Ricordo sia per tutti l’occasione per tornare a riflettere sul male che è stato, per ribadire il deciso rifiuto della violenza e della privazione della libertà, riaffermare il diritto ad avere una Patria e a non esserne scacciati – ha dichiarato la senatrice Tatjana Rojc (Pd). – Le storie individuali sul confine orientale sono state segnate a fondo dalla violenza, vittime innocenti di un’ideologia disumanizzante. In questa terra bagnata dal sangue e dal dolore i sopravvissuti e i discendenti delle vittime hanno il diritto di veder conosciute e rispettate le loro sofferenze. In questo contesto, anche la pacatezza dei toni aiuti a riannodare i fili spezzati della memoria”.

“Soprattutto dopo le mani congiunte del presidenti Mattarella e Pahor il 13 luglio del 2020 a Basovizza – aggiunge Rojc – siamo tutti chiamati a costruire un percorso di rispetto per costruire un futuro di pace, libertà, democrazia e collaborazione”.
Per la senatrice “i morti non hanno un denominatore ideologico e nella morte tutte le vittime devono essere onorate. Vittime italiane, ma anche slovene e di altre etnie, non allineate col nuovo regime. Chi le strumentalizza calpesta la loro memoria e non vuole curare ferite che pure non si potranno mai rimarginare del tutto”.

Il messaggio del presidente della Repubblica

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del Giorno del Ricordo, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Le sofferenze, i lutti, lo sradicamento, l’esodo a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree del confine orientale, dell’Istria, di Fiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno indelebile nella storia della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze.

Nel Giorno del Ricordo, che la Repubblica ha voluto istituire, desidero anzitutto rinnovare ai familiari delle vittime, ai sopravvissuti, agli esuli e ai loro discendenti il senso forte della solidarietà e della fraternità di tutti gli italiani.

I crimini contro l’umanità scatenati in quel conflitto non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista.

Tanto sangue innocente bagnò quelle terre. L’orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica.

Prezioso è stato il contributo delle associazioni degli esuli per riportare alla luce vicende storiche oscurate o dimenticate, e contribuire così a quella ricostruzione della memoria che resta condizione per affermare pienamente i valori di libertà, democrazia, pace.

Le sofferenze patite non possono essere negate. Il futuro è affidato alla capacità di evitare che il dolore si trasformi in risentimento e questo in odio, tale da impedire alle nuove generazioni di ricostruire una convivenza fatta di rispetto reciproco e di collaborazione.

Ogni comunità custodisce la memoria delle proprie esperienze più strazianti e le proprie ragioni storiche. È dal riconoscimento reciproco che riparte il dialogo e l’amicizia, tra le persone e le culture.

Si tratta di valori che abbiamo voluto riaffermare con il Presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, che ringrazio ancora per l’incontro e le iniziative del luglio scorso, in occasione della firma del protocollo d’intesa per la restituzione del Narodni Dom alla minoranza linguistica slovena in Italia.

Da questi valori discendono progetti altamente apprezzabili come la scelta di fare di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, capitale della cultura europea 2025.

Atti di alto significato simbolico che dimostrano una volta di più come la integrazione di italiani, sloveni e croati nell’Unione Europea abbia aperto alle nostre nazioni orizzonti di solidarietà, amicizia, collaborazione e sviluppo.

Il passato non si cancella. Ma è doveroso assicurare ai giovani di queste terre il diritto a un avvenire comune di pace e di prosperità.

La ferma determinazione di Slovenia, Croazia e Italia di realizzare una collaborazione sempre più intensa nelle zone di confine costituisce un esempio di come la consapevolezza della ricchezza della diversità delle nostre culture e identità sia determinante per superare per sempre le pagine più tragiche del passato e aprire la strada a un futuro condiviso».

(Foto d’archivio)

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