Il Far East Film Festival giunge alla sua 20ª edizione e si chiede come sarà il cinema tra 20 anni

Udine – In corso di svolgimento a Udine e sulla scena fino al 28 aprile, il Far East Film Festival giunge alla sua 20ª edizione senza malinconie né ripiegamenti sul passato, ma con l’intento di trasformare “vent’anni fa” in “tra vent’anni”. Lontana dalle tentazioni autocelebrative e, pur senza disporre dell’apposita sfera di cristallo, indirizzata verso il futuro: cos’è il cinema oggi e cosa sarà, appunto, tra vent’anni?

Il modo in cui l’industria cinematografica sta sfruttando il prodotto-film sta cambiando necessariamente anche il prodotto-film.

E, va da sé, il pubblico sta subendo una rapida mutazione genetica, determinata in larga parte dalle piattaforme on demand. Netfilx e Amazon su tutte. Per parlare al “nuovo pubblico”, che è già il “pubblico di domani”, servono dunque nuovi linguaggi (non è certo difficile scommettere sulla grammatica della serialità), nuovi autori e nuovi registi. Magari, perché no, proprio i nuovi autori e i nuovi registi che quest’anno affollano la line-up del FEFF.

Il dato è davvero impressionante: 21 dei 55 titoli in concorso, su 81 titoli complessivi, sono opere prime o seconde. Un autentico tesoro. Un autentico vivaio di cineasti asiatici del futuro che hanno fatto di tutto per approdare a Udine e che Udine ha fatto di tutto per arruolare.

Non era mai capitato nella lunga storia del Far East Film Festival e il Far East Film Festival, guardando avanti, ha deciso di non sottoporre i “Fab 21” soltanto all’esame degli spettatori (da sempre, ricordiamo, arbitri supremi della classifica finale), ma anche di una giuria internazionale altamente qualificata. Tre i componenti: il produttore hongkonghese Albert Lee, il produttore americano Peter Loehr e lo sceneggiatore italiano Massimo Gaudioso, firma storica del cinema di Garrone.

Ai tradizionali audience awards udinesi per il miglior film, il Gelso d’oro assegnato dal pubblico e il Gelso nero assegnato dagli accreditati Black Dragon, si aggiunge il Gelso bianco per la migliore opera prima o seconda assegnato da Lee, Loehr e Gaudioso. Una piccola rivoluzione che porta chiaramente in sé qualcosa di più grande: tutte le radici che il FEFF ha piantato, curato e visto crescere dal 1999.

10+10. Una somma. Una somma di capitoli, di esperienze, di viaggi, ma anche (soprattutto?) una somma di lontananze, geografiche e culturali, che la matematica si è divertita a fondere assieme. Oriente e Occidente. Europa e Asia. Udine e il mondo. Asimmetrie più armoniche di quanto sembri. Gemelli non certo identici ma, comunque, gemelli.

Ed eccoli, appunto, i due gemelli, le due icone di somiglianza/differenza che il grafico Roberto Rosolin ha tradotto nell’immagine ufficiale del Far East Film Festival 20. Due corpi quasi nudi che si stagliano contro uno sfondo bianco, a raccontare senza orpelli una storia di persone e di passione.

Udine, per 9 giorni, si è trasformata ancora una volta nell’epicentro europeo del cinema asiatico. 9 giorni di film e di incontri, al Teatro Nuovo e al Visionario, 9 giorni di eventi, disseminati nel cuore della città, per continuare a scoprire le somiglianze nelle differenze e le differenze nelle somiglianze. Per continuare a sommare persone e passione.

La passione di un programma tanto intenso quanto diversificato, messo a punto nell’arco di un anno intero operando su mille fronti: quello geografico (11 cinematografie: Cina, Corea del Sud, Filippine, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Malesia, Singapore, Thailandia, Taiwan, Vietnam), quello artistico (5 anteprime mondiali, 13 internazionali, 21 europee, 3 anteprime mondiali di film restaurati), quello tecnico (a proposito di futuro: sono 14 i titoli selezionati per Focus Asia, il project market del FEFF, e 15 i professionisti selezionati per Ties That Bind, il workshop internazionale Asia-Europa – più di 150 i partecipanti, da 35 paesi).

La passione di chi ama il cinema, insomma, non solo di chi ama il cinema asiatico. Una passione che coinvolge molto più direttamente anche l’area del Visionario, con un programma ad hoc pensato per gli accreditati ma anche per il pubblico “regolare”.

Un viaggio a Oriente nel viaggio a Oriente, se così possiamo definirlo, dove troveranno spazio tantissimi gioielli: dalla retrospettiva sulla regina Brigitte Lin Ching Hsia alla piccola monografia su Ryuichi Sakamoto, senza dimenticare i colori dell’erotismo (ritornano i pink movies, ritorna la Pink Night!) e i sapori del “lontano Est”. Per tutta la durata del festival, infatti, il Visionario è la succursale udinese di Casa Ramen, il celebre ristorante milanese dello chef Luca Catalfamo.

Prima di essere un festival, d’altronde, il FEFF è sempre stato una festa. Una grande festa del cinema che non ha mai smesso di traghettare in terra friulana autentiche leggende (come Jackie Chan e Joe Hisaishi), registi cult (come Johnnie To e Takashi Miike), dive e divi, professionisti dell’industria cinematografica e, ovviamente, la devotissima FEFF tribe: l’incredibile comunità di spettatori che ha progressivamente diffuso il nome del Far East Film Festival nel mondo. Ben prima che il mondo si trovasse a portata di social network.

L’Asia è sempre lontana, certo, il cinema di vent’anni fa è già storia e, per sapere cosa sarà il cinema tra vent’anni, gli spettatori dovranno seguire il FEFF ancora a lungo. Poi, magari, chissà: il battito d’ala di una farfalla a Udine, in un film del festival, potrebbe anche terremotare il cinema in tutta Europa.

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