L’Area Marina Protetta di Miramare in prima linea per lo studio della moria di Pinna nobilis

Trieste – Dal 90% al 100%: queste le percentuali di mortalità della Pinna nobilis nel Golfo di Trieste emerse dai monitoraggi compiuti dall’Area Marina Protetta di Miramare negli ultimi mesi, con oltre 16mila metri quadrati di fondali setacciati e 7mila esemplari monitorati.

Il più grande mollusco del Mediterraneo è vicino all’estinzione e l’unica speranza è ormai che i pochi esemplari attualmente sani resistano all’epidemia che sta decimando la specie in tutto il Mediterraneo e garantiscano la ripresa delle popolazioni nel Golfo di Trieste.

Ma al momento la situazione è pesantissima: da Muggia a Sistiana, gli esemplari vittima del parassita protozoo responsabile delle morie hanno ormai superato il 90% e in alcuni tratti di mare – non ultima l’Area Marina Protetta – sono drammaticamente vicini al 100%.

I ricercatori di Miramare stimano che delle circa 10mila pinne presenti in Riserva prima dell’epidemia, attualmente gli individui sani non raggiungano neppure il 5% della popolazione.

In altre zone della costiera triestina la situazione non è più incoraggiante. L’epidemia ha iniziato a mietere vittime non solo sottocosta, dove si sono verificati i primi spiaggiamenti, ma anche sulle trezze di Grado.

In un webinar il punto della situazione sulla moria della pinna nobilis

Gli esiti dei campionamenti – effettuati dai ricercatori di Miramare nell’ambito del progetto Restorfan e della campagna di citizen science #CiRimettiamoLePinne e #sub4fan con il coinvolgimento dei club subacquei – sono stati illustrati venerdì 30 ottobre nel corso del workshop tecnico-scientifico organizzato in videoconferenza dall’Area Marina Protetta per fare un punto sullo stato di conservazione e tutela della specie a livello locale, nazionale e mediterraneo, e a cui sono intervenuti funzionari del Ministero dell’Ambiente e della Regione FVG ed esperti e ricercatori di Ispra, Arpa FVG, OGS, e delle Università di Trieste, Teramo e Napoli, in prima linea nello studio della specie e dell’epidemia in corso.

Tanti gli spunti emersi dal webinar, condotto dal direttore della Riserva marina Maurizio Spoto e seguito da oltre 200 persone tra ricercatori, studenti universitari e semplici appassionati: dal rebus della compresenza di più batteri negli esemplari morti evidenziata dai ricercatori delle Università di Trieste e Napoli al ruolo ecologico importantissimo di Pinna nobilis per la rete trofica dell’Alto Adriatico illustrato da Paola Del Negro, direttore generale di OGS.

Ricostruito da Saul Ciriaco dell’Area Marina Protetta di Miramare l’evolversi dell’epidemia nel Golfo: se a gennaio 2020 Miramare era al 50% di mortalità e Barcola e Grignano all’80%, alla fine dell’estate la situazione era già cambiata. Mentre la Slovenia arrivava al 70%, in tutti i siti monitorati della costiera triestina le percentuali oscillavano tra l’80 e il 90%. Gli ultimi transetti effettuati a ottobre hanno evidenziato mortalità tra il 95% di Miramare e il 99% delle zone circostanti, e prime manifestazioni dell’epidemia anche alla Trezza San Pietro di Grado, con il 10% degli individui intaccati.

Interessante anche il dato sulla dimensione media degli esemplari vivi, che non supera i 28 cm contri i 34 della media totale: ciò significa che le pinne adulte, i “giganti del mare”, sono tutte morte ma anche che tra quelle sopravvissute ce ne sono molte già in età riproduttiva che, se effettivamente resistenti, potrebbero portare al ripopolamento dei fondali del Golfo.


Progetti in corso e da avviare

Oltre all’auspicata naturale resilienza della specie, un ulteriore motivo di speranza viene dalla ricerca.

Mentre il Laboratorio di Genomica dell’Università di Trieste sta lavorando con i ricercatori dell’Area Marina Protetta ad un innovativo protocollo per l’identificazione genetica della presenza del parassita attraverso l’analisi delle feci e senza compromettere il mollusco, sono diversi i soggetti scientifici, non ultima l’Area Marina Protetta Miramare, che stanno studiando possibili azioni di restoration, che consentano di ricolonizzare i fondali marini tramite tecniche di ripopolamento in grado di ricreare uno stock di molluschi a partire dagli individui che hanno sviluppato una resistenza al parassita.

Ed è proprio sulle attività di ricerca sui patogeni, sulla resilienza naturale della specie, sull’individuazione degli animali resistenti, sugli espianti sperimentali ma anche sulle attività di monitoraggio su scala mediterranea – raccomandate dalla stessa IUCN come ha ribadito Leonardo Tunesi di Ispra – si ripongono le speranze per la salvezza di uno dei giganti dei nostri mari.

La mostra

In questi giorni per raccontare la moria del più grande mollusco del Mediterraneo e le attività di ricerca condotte nell’ambito del progetto “Restorfan” c’è anche un’iniziativa molto particolare, #Art4Fan, un percorso di divulgazione a cavallo tra arte e scienza promosso dall’Area Marina Protetta Miramare con la collaborazione di 15 giovani artisti. 
Le opere sono esposte fino a domenica 1° novembre presso la sala Xenia, in Riva 3 Novembre a Trieste, e la mostra è visitabile liberamente tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18.

Identikit e ruolo ecologico della Pinna nobilis

Pinna nobilis, conosciuta come anche come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura, è uno dei più grandi molluschi bivalvi del Mediterraneo ed è una specie endemica del Mare nostrum.

Classificata come specie di interesse comunitario, bisognosa di una rigorosa protezione da parte dell’Unione Europea secondo la Direttiva Habitat (92/43/CEE) e come una specie in via di estinzione secondo il protocollo ASPIM (Aree Specialmente Protette di Interesse Mediterraneo) della Convenzione di Barcellona (allegato II), recentemente è stata riconosciuta ufficialmente ed elencata come “Critically Endangered” dalla Red List of Threatened Species dell’IUCN.

Ha un’ampia distribuzione in tutte le zone costiere, soprattutto nelle praterie di fanerogame, ma è anche presente in altri habitat come i fondali rocciosi, detritici e sabbiosi o i letti a rodoliti.

La sopravvivenza delle sue popolazioni dipende fortemente dalla sopravvivenza degli adulti che sono i riproduttori.

La specie si riproduce principalmente durante i mesi estivi e le larve si insediano tra luglio e ottobre dopo un periodo planctonico.

Il ruolo ecologico di questo grande mollusco è molto importante: filtrando l’acqua, trattiene grandi quantità di materia organica da detriti sospesi che contribuiscono alla limpidezza dell’acqua. Le sue superfici sono inoltre colonizzate da moltissime specie bentoniche, tra cui alghe e macroinvertebrati, aumentando così la biodiversità locale.

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