Sciopero per il clima: Fridays for Future e i movimenti di tutela ambientale nelle piazze del FVG

FVG – “Le città diventano sempre più invivibili, con temperature estreme e stili di vita non consoni a una vita basata sul benessere personale e collettivo – spiega Fridays for Future nella nota con cui proclama lo Sciopero per il clima di venerdì 3 marzo. – Nei mesi successivi alla guerra, le grandi compagnie del fossile abbiano innalzato alle stelle i loro ricavi a causa della guerra e del rincaro dei prezzi. Gli Stati si sono lasciati trovare impreparati e i governi sono dovuti andare al riparo, cercando di aiutare le famiglie e le imprese – energivore. Abbiamo visto Eni fare utili superiori al 700%, in tutto questo periodo”.

Lo “Sciopero per il clima” si è svolto nelle piazze di tutta Italia ed anche in Friuli Venezia Giulia.

A Trieste un corteo, organizzato nell’ambito dei Fridays for Future, ha attraversato le vie del centro.

Alla protesta hanno partecipato giovani e rappresentanti, tra gli altri, del Comitato No Ovovia, di Non una di meno, Usb, Cgil, Wwf, Adesso Trieste. Lo slogan ricorrente era “Basta violenza sul pianeta e i nostri corpi”.

Alcune centinaia di persone hanno sfilato anche a Udine, al grido di “Non c’è un pianeta B”. La manifestazione ha visto in prima fila i giovani di Fridays for Future, ma anche Legambiente e i movimenti studenteschi che hanno protestato davanti a Palazzo D’Aronco e poi in piazza Venerio.

“L’aria a Udine è irrespirabile da mesi e nessuno dice nulla – l’accusa dei dimostranti -. L’industria di combustibili fossili sta distruggendo l’ecosistema da cui dipendiamo. Udine è al 59° posto su mille città europee per scarsa qualità dell’aria”.

Così conclude la nota di “Fridays for future”: “Per risolvere le sfide sociali, economiche e ambientali che affrontiamo oggi, dobbiamo ripensare lo status quo. I governi e le altre istituzioni di tutto il mondo devono abbracciare nuovi modi di pensare e impegnarsi attivamente nell’innovazione dei sistemi diffusi per compiere progressi reali verso un mondo più sano e più prospero. Eppure la maggior parte continua a inquadrare il proprio lavoro all’interno di modelli economici tradizionali, senza riconoscere il danno che sta causando alla società e al pianeta”.

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