2 giugno 1946: quando i cittadini delle zone sotto occupazione militare furono esclusi dal voto

FVG – Il 2 giugno 1946 segnò un passaggio storico per la nascita dell’Italia repubblicana. Quel giorno di 79 anni fa, per la prima volta, tutti i cittadini maggiorenni furono chiamati alle urne per scegliere la forma di Stato tra monarchia e repubblica. Contestualmente al referendum sulla forma istituzionale dello Stato si svolsero anche le elezioni per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. L’assemblea avrebbe avuto il compito di redigere la nuova Costituzione italiana. L’affluenza fu molto alta, pari al 89,08%. Fu anche la prima volta che le donne votarono, 12.998.131 in tutto, superando il numero degli uomini votanti, che furono 11.949.056.

Il Paese imboccava la strada della democrazia rappresentativa dopo vent’anni di dittatura e cinque di guerra. Ma non tutta l’Italia poté partecipare a questa svolta. Nell’attuale Friuli-Venezia Giulia – la denominazione fu assunta nel 1947 – la situazione fu diversa: nonostante il Friuli e la Venezia Giulia fossero formalmente parte dello Stato italiano, ci furono parti del loro territorio che vennero escluse dal voto a causa della situazione geopolitica di quel particolare momento storico.

Poiché la parte orientale della provincia di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, Zara e altre località della Venezia Giulia si trovavano sotto occupazione militare – alleata o jugoslava – in un contesto internazionale particolarmente instabile, il governo italiano, per ragioni di sicurezza e opportunità politica, decise di non svolgere la consultazione referendaria in quelle zone, rinviando l’esercizio della sovranità popolare a tempi più favorevoli.

I comizi elettorali erano stati inizialmente convocati anche in quelle province, ma pochi giorni prima del voto l’organizzazione fu sospesa a causa della situazione geopolitica. La decisione rientrava nelle prerogative del governo, che all’epoca esercitava le funzioni legislative e amministrative attraverso decreti luogotenenziali.

Dei 573 seggi dell’Assemblea Costituente previsti, ne furono assegnati solo 556. Mancavano all’appello i 13 della Circoscrizione XII (Trieste, la Venezia Giulia, la parte orientale di Gorizia) e i 5 della provincia di Bolzano. Una porzione piccola in termini numerici, ma significativa sotto il profilo politico e identitario, fu così esclusa dalla grande tornata democratica del 2 giugno.

La provincia di Udine e parte di quella di Gorizia — sotto amministrazione italiana e fuori dalla linea del contenzioso internazionale — parteciparono invece regolarmente al referendum e alle elezioni. I dati disponibili, seppur frammentari, riportano un’ampia affermazione della Repubblica, in linea con la tendenza del Nord Italia. L’affluenza superò l’88% e i voti per la Repubblica risultarono largamente maggioritari. Da ricordare che nel 1946 il territorio che oggi costituisce la provincia di Pordenone faceva parte della provincia di Udine.

Una popolazione stimata in circa 300mila persone fu dunque privata di un fondamentale momento di partecipazione in cui esprimere la propria visione sul futuro del Paese. In quelle terre dove era più urgente il desiderio di riconoscimento, si creò un vuoto di presenza politica difficile da colmare. Anche quella mancata partecipazione rientra nel complesso quadro della storia del confine orientale, tuttora oggetto di letture differenti.

A sottolineare il peso di quell’assenza fu, con parole solenni, lo stesso presidente provvisorio dell’Assemblea Costituente, Vittorio Emanuele Orlando, che il 25 giugno 1946 aprì i lavori della Costituente ricordando «il dolore disperato di quest’ora, nella tragedia delle genti nostre di Trieste, di Gorizia, di Pola, di Fiume, di Zara, di tutta la Venezia Giulia, le quali però, se non hanno votato, sono tuttavia presenti, poiché nessuna forza materiale e nessun mercimonio immorale potrà impedire che siano sempre presenti dove è presente l’Italia».

Il 2 giugno 1946 non fu dunque un giorno uguale per tutti. Se per la maggior parte degli italiani segnò l’inizio della Repubblica, per molte comunità del confine orientale fu una data sospesa. Un’assenza che ancora oggi sollecita una riflessione sul significato della partecipazione, della rappresentanza e della memoria.

(La foto è tratta dall’archivio del Sistema Bibliotecario del Friuli)

 

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