Covid: studio di Università di Trieste, ICGEB e King’s College London individua farmaco che limita danno ai polmoni

Trieste – Uno studio di un gruppo di ricercatori del King’s College London, dell’Università degli studi di Trieste e del Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologie di Trieste, pubblicato il 7 aprile sulla rivista Nature (https://www.nature.com/articles/s41586-021-03491-6), ha identificato il meccanismo che porta alla fusione delle cellule infettate con Sars-Cov-2, individuando un farmaco in grado di bloccare questo processo.

La rivista specifica che si tratta di “uno studio inedito che è stato accettato per la pubblicazione. Nature Research fornisce questa prima versione del testo come servizio ai nostri autori e lettori. Il testo sarà sottoposto a copyediting, impaginazione e revisione prima di essere pubblicato nella sua forma finale. Si prega di notare che durante il processo editoriale possono essere scoperti errori che potrebbero influenzare il contenuto, e si applicano tutte le esclusioni di responsabilità legali”.

Il gruppo ha eseguito due screening basati sulla microscopia ad alto contenuto con oltre 3000 farmaci giungendo all’identificazione di 83 farmaci che inibiscono la fusione cellulare mediata da Spike, molti dei quali appartengono a classi farmacologiche definite. I ricercatori hanno quindi focalizzato l’attenzione su farmaci efficaci che proteggessero anche dalla replicazione del virus e dalla citopaticità associata. Una delle molecole più efficaci è stata la Niclosamide, un medicinale usato da più di 50 anni per le infezioni intestinali.

Qualche mese fa lo stesso gruppo di ricercatori, in un articolo pubblicato su Lancet eBioMedicine, aveva scoperto che i polmoni dei pazienti morti per Covid-19, oltre a mostrare un esteso danno e la presenza di coaguli che bloccano la circolazione del sangue, contengono un vasto numero di cellule anormali, molto grandi e con molti nuclei, infettate dal virus anche dopo 30-40 giorni dal ricovero in ospedale.

Queste cellule anomale sono generate dalla capacità della proteina Spike del coronavirus di stimolare la fusione tra le cellule infettate e le cellule vicine. Stimolati da queste osservazioni, i ricercatori hanno ora scoperto il meccanismo che consente la fusione delle cellule e trovato un farmaco in grado di bloccare questo processo.

“Siamo molto soddisfatti dai nostri risultati per almeno due motivi – ha dichiarato Mauro Giacca, professore dell’Università di Trieste, docente di Cardiovascular Sciences al King’s College di Londra, e responsabile del Laboratorio di Medicina Molecolare dell’ICGEB -. Primo, perché abbiamo scoperto un meccanismo completamente nuovo, attivato dalla proteina Spike e importante per il virus. Le nostre ricerche mostrano come Spike attivi una famiglia di proteine della cellula, chiamate TMEM16, che sono indispensabili per la fusione cellulare. Secondo, perché questo meccanismo è anche alla base dell’attivazione delle piastrine, e potrebbe quindi anche spiegare perché il 70% dei pazienti con Covid-19 grave sviluppa una trombosi. E ora sappiamo che c’è almeno un farmaco, la Niclosamide, in grado di bloccare questo meccanismo”.

La Niclosamide è un farmaco sintetizzato negli anni ’70 del secolo scorso e usato a partire dal 1982 per la terapia delle infezioni intestinali dovute alla tenia. Il nuovo studio mostra come questo farmaco, inibendo TMEM16 e la fusione delle cellule, blocchi anche la replicazione del virus. Sulla base di questi risultati, una sperimentazione clinica su 120 pazienti è già partita in India, dove l’infezione è ancora molto diffusa e si sta somministrando la Niclosamide a un gruppo di pazienti ricoverati in ospedale con Covid-19.

“Penso che questa ricerca sia importante – ha continuato Giacca – anche perché sposta l’attenzione dal tentativo di bloccare la moltiplicazione del virus, come finora hanno cercato di fare con alcuni farmaci, con scarso successo, a quello di inibire il danno causato all’organismo dalle cellule infettate. Sono sempre più convinto che Covid-19 sia una malattia causata non dalla semplice distruzione delle cellule infettate dal virus, ma dalla persistenza di queste cellule nell’organismo per periodi lunghi di tempo”.

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