Cyberterrorismo: un ragazzo delle superiori a capo della rete Telegram che diffondeva i messaggi dell’ISIS in Italia

Udine – Un minorenne nato da genitori algerini e residente a Udine utilizzava, all’insaputa dei familiari, la messaggistica per cellulari Telegram per diffondere propaganda del Califfato e istigare al terrorismo: dopo complesse indagini è stato scoperto. Attualmente il ragazzino sta seguendo un percorso di riabilitazione con un team di psicologi specializzati.

La complessa attività tecnico-investigativa era stata avviata fin dal 2016 dagli specialisti della Sezione per il contrasto al cyberterrorismo del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e del Compartimento di Trieste, in stretto raccordo operativo con le Digos del capoluogo e di Udine.

L’operazione, denominata “ANSAR” ha permesso di individuare la rete che faceva capo al canale Telegram denominato “Khilafah News Italia”.

Il canale, frequentato da circa 200 utenti, consentiva unicamente al suo amministratore la pubblicazione di messaggi testuali, immagini, video e audio.

All’interno del canale, risultato essere tra i principali veicoli della narrativa del Califfato, venivano pubblicati messaggi di propaganda dello Stato Islamico, originariamente prodotti in lingua araba dai diversi addetti media del Califfato e tradotti in lingua italiana, rivolti in particolare ai cosiddetti “lupi solitari” presenti sul territorio nazionale.

Ad esempio, veniva pubblicata la traduzione in italiano del testo di rivendicazione dell’attentato terroristico occorso nella città tedesca di Berlino il 19 dicembre 2016.

L’hashtag #califfatoIT, presente in tutti i contenuti pubblicati sul canale Telegram, aveva una doppia funzione: quella di indirizzare i contenuti a tutti i sostenitori e simpatizzanti dello Stato Islamico presenti sul territorio nazionale e quella di indicare, a livello internazionale, la presenza di una “sezione” italiana attiva.

Inoltre, sullo stesso canale Telegram, venivano pubblicati i link di collegamento ad altre piattaforme per la condivisione di video, quali Youtube, Google Foto e Google Drive, dai quali era possibile visualizzare video in lingua araba ai quali erano stati aggiunti sottotitoli in lingua italiana.

La traduzione dei contenuti era particolarmente precisa ed accurata, con la perfetta corrispondenza tra i termini arabi e quelli italiani, evidenza che denotava eccellenti conoscenze linguistiche.

Considerata l’impossibilità di acquisire elementi investigativi utili all’identificazione dell’amministratore del “Khilafah News Italian” attraverso canali ufficiali diretti, in quanto risultava impossibile risalire attraverso strumenti ordinari agli effettivi utilizzatori della piattaforma Telegram, gli operatori della Specialità hanno attivato una mirata attività di raccolta informativa che ha permesso in primo luogo di orientare l’attività di individuazione dell’amministratore del canale.

All’identificazione di questi, resa particolarmente difficile anche per l’utilizzo di tecniche di anonimizzazione evolute (connessioni attraverso servizi di VPN e nodi TOR), si è pervenuti soltanto a seguito di una complessa e articolata attività tecnica d’indagine svolta da personale del Servizio Polizia Postale anche attraverso l’utilizzo di software sviluppati ad hoc e rivelatisi di particolare efficacia.

Le successive attività d’indagine, dirette dal Procuratore Capo del Tribunale per i Minorenni di Trieste dr. Leonardo Tamborini e svolte attraverso l’attivazione di servizi di intercettazione delle comunicazioni telematiche, telefoniche ed ambientali, nonché riscontrate da pedinamenti effettuati dalle Digos di Trieste ed Udine, hanno consentito di acquisire concreti elementi di prova a carico di un cittadino italiano minorenne di seconda generazione, nato in Italia da genitori di origine algerina.

Il ragazzo è indagato per il reato di istigazione a delinquere, con le aggravanti del terrorismo e dell’uso di strumenti informatici, per aver compiuto attività di proselitismo a favore dell’ISIS mediante diffusione e traduzione di contenuti propagandistici sui gruppi e canali Telegram, segnalando video, arrivando a diffondere le istruzioni contenute in alcuni videomessaggi per la costruzione di ordigni.

Nonostante la minore età, il giovane indagato è risultato in possesso di elevate capacità tecnico-informatiche, padronanza linguistica non comune e approfondita conoscenza dei principali testi sacri dell’Islam.

Dimostrava inoltre una forte determinazione a svolgere un ruolo da leader e da punto di riferimento per tutti coloro che intendevano partecipare attivamente alla causa jihadista. A tal fine, aveva creato un canale dal titolo in arabo “Stato Islamico frontiera d’Europa” con circa 60 membri, affidando ai componenti del gruppo la traduzione in lingua spagnola, francese e italiana delle notizie da lui reperite, allo scopo di diffonderle nel modo più capillare possibile. La condotta è risultata aggravata in quanto commessa attraverso strumenti informatici e telematici. L’attività investigativa ha consentito di riscontrare e raccogliere elementi in ordine alla commissione, da parte dell’indagato, di una serie di delitti compiuti attraverso l’uso della rete Internet – attraverso la quale il minore creava canali e gruppi che gestiva personalmente, con il ruolo di amministratore, sulla piattaforma di messaggistica criptata Telegram, assegnando di volta in volta precisi compiti agli altri partecipanti.

L’utilizzo della piattaforma di comunicazione permetteva quindi la più pervasiva diffusione della propaganda islamista ed un’efficace attività di indottrinamento, sino ad arrivare alla promozione di se stesso nel ruolo di effettivo facilitatore, ovvero come figura di raccordo con organizzazioni terroristiche internazionali, allo scopo di aiutare e assistere i combattenti che intendevano recarsi nei territori di guerra.

Tale attività era resa possibile dai contatti verso l’estero intrattenuti autorevolmente dall’indagato. In una delle tante conversazioni, il minore si rendeva disponibile a fornire aiuto per raggiungere lo Stato Islamico e unirsi alle file dei combattenti del Califfato, scrivendo testualmente: “Ma volevo dire che ti posso aiutare nella tua impresa: Akhi lo faccio perché è un piacere ed è un dovere. Non avrai solo indicazioni. Ci sono molti fratelli che sono in fila. Comunque tu non abbassare mai la guardia”.

Nel corso delle indagini si è inoltre rilevato che l’indagato era dedito anche a un’attività “formativa”, relativa alla progettazione e alla costruzione di ordigni artigianali, così come esplicitato in un video che pubblicizzava nel “suo” canale Telegram. L’utente infatti commentava il video con frasi tipo: “Semplice no” e aggiungeva “Il fratello ci ha messo 15 minuti per creare una “bomba”‘ e che “il materiale è roba semplice che compri al supermercato”.

Altro episodio rilevante è risultato quello per cui, all’interno del medesimo canale Telegram, il minore poneva ai partecipanti il seguente quesito: “‘Salve, come faccio a far passare una cintura esplosiva attraverso le porte automatiche?”. In risposta riceveva il seguente messaggio, in lingua araba: “Il materiale utilizzato nella cintura deve essere il […]. Si tratta di un materiale plastico inodore per cui è impossibile che venga scoperta sia dai cani addestrati che dagli apparati di controllo degli aeroporti. È possibile che superi i controlli dell’aeroporto con la stessa facilità con cui vengono superati da qualsiasi pezzo di plastica. Con la volontà di Allah ne parleremo dettagliatamente nei prossimi giorni dando indicazione su come fabbricarlo”.

Nel corso delle attività d’indagine, ed in particolare durante una chat, emergeva come l’indagato, nonostante la giovanissima età, risultasse fortemente radicalizzato, al punto da potersi ritenere che fosse pronto a realizzare un dispositivo rudimentale per compiere un’azione presso l’istituto scolastico da lui frequentato.

Grazie ai servizi di pedinamento predisposti in collaborazione con le Digos territoriali, si sono potuti attuare dispositivi che hanno consentito di agire tempestivamente, sottoponendo ad un controllo lo zaino del minore, in cui gli agenti di Polizia hanno trovato diversi documenti manoscritti in lingua araba ed una bandiera dell’ISIS realizzata manualmente dal ragazzo.

Le successive perquisizioni domiciliari effettuate a suo carico hanno consentito di sequestrare ingente materiale informatico che, sottoposto alle analisi forensi, ha confermato quanto ipotizzato e ricostruito dagli investigatori.

Oltre ai risultati operativi conseguiti, l’Operazione “ANSAR” è di notevole rilevanza sia giudiziaria che sociale, in quanto è stata riconosciuta la pericolosità reale delle iniziative adottate dell’indagato, le quali, lungi da esaurire i propri effetti nella “dimensione virtuale” della Rete, sono risultate concretamente rilevanti.

Inoltre, il puntuale intervento della Procura dei minori e della Polizia di Stato ha consentito di superare la fase accertativa della responsabilità penale del minore e soprattutto, grazie agli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento, l’avvio di un delicato percorso di recupero e deradicalizzazione, reso possibile dallo “scollegamento” del giovane dalla rete del “cyber jihad”.

Il ragazzo, inoltre, è affiancato da un imam perché apprenda l’Islam in un contesto autenticamente religioso.

Così l’imam di Trieste Nader Akkad ha commentato la notizia: “Operare con le istituzioni scolastiche, civili, giudiziarie, politiche e di sicurezza assieme alle famiglie e comunità, per il recupero di giovani ragazzi musulmani deviati e indottrinati alla violenza jihadista via web, in un ampio processo di de-radicalizzazione religiosa, è un’opera di grande civiltà e di misericordia alla quale devono collaborare tutti gli operatori di pace e di riconciliazione”.

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