Italia-Israele a Udine, tensioni e proteste per la partita di qualificazione ai Mondiali di calcio
Udine – La partita Italia-Israele, in programma il 14 ottobre allo stadio Friuli di Udine e valida per le qualificazioni ai Mondiali di calcio 2026, si preannuncia come un evento sportivo di rilievo ma carico di tensioni politiche e sociali.
Sul piano puramente sportivo, la sfida vede la Nazionale di calcio azzurra guidata da Gennaro Gattuso impegnata per l’undicesima volta nello stadio friulano, con un bilancio storico di 8 vittorie e 2 pareggi contro Israele. La partita è fondamentale per la qualificazione alla Coppa del Mondo.
Al di là dell’aspetto agonistico, il contesto è tutt’altro che sereno.
La scelta di disputare l’incontro a pochi giorni dal secondo anniversario dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha contribuito ad accrescere il clima di tensione. È previsto un imponente piano di sicurezza in città, con controlli straordinari, reparti speciali e aree di massima sorveglianza. È atteso anche un corteo pro Palestina con migliaia di partecipanti, mentre la prevendita dei biglietti procede a rilento, con circa 4.000 tagliandi venduti su una capienza di 20.000 spettatori: un dato che riflette il malcontento diffuso e, secondo diversi osservatori, un vero e proprio boicottaggio popolare.
Le associazioni che sostengono la causa palestinese parlano di una partita “inopportuna”, da annullare in un contesto segnato dalla guerra a Gaza.
Nella mattinata di oggi, 8 ottobre, una cinquantina di attivisti del Comitato per la Palestina di Udine ha organizzato un presidio davanti alla Prefettura. Con cartelli e documenti alla mano, hanno denunciato il rischio che lo sport diventi strumento di propaganda politica, chiedendo che l’Italia si faccia promotrice di una sospensione delle competizioni per Israele a livello internazionale. “Questa non è solo una partita – hanno dichiarato – ma un tema di sicurezza e di etica. Il calcio non può essere usato per normalizzare un genocidio”.
I manifestanti hanno incontrato il prefetto Domenico Lione, che ha ascoltato le loro ragioni, ribadendo però di non poter intervenire su scelte politiche di questa natura. L’iniziativa si è svolta in modo pacifico e si è conclusa con la consegna di un documento alla Questura.
Il dibattito si riflette anche nelle istituzioni locali. Il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, ha annunciato che non sarà presente allo stadio, scegliendo invece di partecipare a una veglia di preghiera per la pace organizzata dall’Arcivescovo di Udine S.E.R. mons. Riccardo Lamba. Una decisione che segna una presa di distanza dall’evento calcistico. All’opposto, il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha confermato la sua partecipazione alla partita, sottolineando la necessità di mantenere l’incontro sul piano sportivo e ammonendo che eventuali scontri verranno affrontati con fermezza.
Non mancano polemiche anche sul fronte della sicurezza. Una voce, poi smentita ufficialmente dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza, aveva parlato di una presenza del Mossad a Udine per la protezione della nazionale israeliana. Nonostante la smentita, il tema ha acceso lo scontro politico: da un lato Alleanza Verdi Sinistra, che ha denunciato l’ipotesi come una violazione della sovranità nazionale, dall’altro la Lega, che ha ricordato come la collaborazione con servizi di sicurezza israeliani sia prassi consolidata da decenni.
Mentre il commissario tecnico Gennaro Gattuso invita a non sottovalutare la difficoltà di giocare in un clima simile, resta il nodo di fondo: il significato che questa partita assume al di là del campo da gioco. Per una parte consistente della società civile, l’incontro non è solo un evento sportivo ma una questione di schieramenti ideologici e di pensiero, a dimostrare il legame che è sempre esistito tra sport e geopolitica.