Le assunzioni sono in ripresa in Friuli Venezia Giulia: +40% nel primo trimestre

Trieste – Nel primo trimestre del 2022, in base ai dati forniti dall’Inps, il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è aumentato di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (da 26.700 a 37.800, circa 11.100 unità in più). Lo rende noto il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo che ha rielaborato dati Inps.

La crescita ha riguardato tutte le principali tipologie contrattuali; in termini percentuali è stata particolarmente accentuata per i rapporti stagionali, che sono triplicati rispetto al primo trimestre 2021 (da 792 a 2.342, +195,7%). Tale dinamica conferma la fase positiva del settore turistico, che nel recente passato è stato particolarmente penalizzato dalle restrizioni introdotte per fronteggiare la pandemia.

Il numero complessivo di assunzioni registrato nei primi tre mesi dell’anno in regione è inoltre superiore a quello del primo trimestre 2020, il periodo immediatamente precedente la fase più acuta dell’emergenza sanitaria. La consistente ripresa rispetto al biennio 2020-2021 è in linea con le stime dell’Istat, che per la prima parte di quest’anno hanno evidenziano un andamento decisamente positivo dell’occupazione dipendente, in particolare di quella a tempo determinato.

Le dimissioni dei lavoratori

Tra gennaio e marzo 2022 sono aumentate anche le interruzioni dei rapporti di lavoro (da 20.400 a 31.300, oltre il 50% in più). Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono la motivazione di gran lunga principale dell’interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni, a partire dal 2021 la loro incidenza supera il 75% (nei primi tre mesi di quest’anno è stata pari al 76,5%).

Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% nell’ultimo biennio, anche per effetto del blocco dei licenziamenti introdotto dal Governo.

I licenziamenti di natura economica comprendono quelli avvenuti per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo, per esodo incentivato, cambio appalto o interruzione di rapporti di lavoro nel settore edile per completamento dell’attività e chiusura di cantiere. Nel tempo è invece aumentata l’incidenza dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% del totale nel 2014, all’attuale 6%).

La durata effettiva dei contratti

L’analisi della composizione percentuale dei contratti conclusi in base alla durata effettiva rende possibile una valutazione, seppure indiretta, del grado di “volatilità” dei rapporti di lavoro. A tale scopo è possibile utilizzare i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, a differenza di quelli dell’Inps, si riferiscono anche al settore Pubblico e a quello agricolo.

In base all’analisi di questi dati si può evidenziare che i contesti occupazionali delle regioni del Nord rivelano una dinamica delle cessazioni caratterizzata da una quota considerevole di rapporti di lunga durata, più del resto del Paese. A conferma di ciò si osserva che le regioni con l’incidenza più elevata di rapporti cessati dopo almeno un anno dalla data di attivazione nel 2021 sono stati: la Lombardia (28%), il Piemonte (27,8%), il Veneto (27%) e il Fvg (24%, contro un valore medio nazionale pari al 19,1%).

Nello specifico della nostra regione, inoltre, il 40,9% dei rapporti cessati nel 2021 si è concluso entro 3 mesi dall’attivazione (contro il 49,8% a livello nazionale), di cui il 22,5% entro 1 mese (31,6% in Italia) e il 4,7% entro 1 giorno (l’11,1% nazionale; si tratta di contratti diffusi nel mondo dello spettacolo, tanto che nel Lazio sono il 36,5% del totale).

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