Lettera aperta di cittadini ed esponenti culturali e scientifici per dignità persone migranti in città

Trieste – Oltre 570 cittadini “che vogliono resistere al dilagare dell’indifferenza” hanno firmato una lettera aperta indirizzata al prefetto di Trieste, Annunziato Vardè e al sindaco di Roberto Dipiazza.

Tra i firmatari, solo per citarne alcuni, ci sono Ariella Reggio, Paolo Rumiz, Nicoletta Romeo, Andrea Di Lenarda, Marta Verginella, Stefano Fantoni, Elena Cerkvenič, Andrea Avon.

Così il documento: ”Un numero imprecisato, ma molto alto, di richiedenti asilo stazionano giorno e notte in Piazza Libertà” e nelle zone limitrofe “in cerca di un riparo dal freddo e dalla pioggia, nell’assoluta indifferenza delle istituzioni che dovrebbero invece ricollocarli in sedi di prima accoglienza”.

“Non si tratta di allestire nuove strutture abitative ex-novo, ma di individuare in tempi strettissimi spazi idonei per garantire un riparo dal freddo e un utilizzo civile di servizi igienici di prima necessità, in attesa che arrivi il giorno del collocamento o della partenza agognata”.

“Oltre alla mancanza di umanità – scrivono – nel loro abbandono, c’è anche una grave violazione delle norme. I livelli di responsabilità sono più di uno: il Ministero che non assegna a Trieste quote sufficienti per operare i trasferimenti dei richiedenti asilo in altre aree del territorio nazionale”; “la Prefettura, che di fronte a una situazione di difficoltà iniziata già da luglio, avrebbe dovuto agire con maggior sollecitudine per collocare temporaneamente le persone in attesa di trasferimento o per inserirle nel sistema di accoglienza diffusa di Trieste”; “il livello locale, segnatamente il Comune, che non agisce di concerto con la Prefettura per individuare e aprire spazi provvisori”.

Solo per esempio, concludono, “l’ex palazzetto di Chiarbola o i molti spazi vuoti nell’area della stazione o la sala Tripcovich che, in attesa della sua annunciata demolizione, possa per un’ultima volta svolgere una luminosa funzione di profonda umanità. Perché il problema non è il ‘decoro’ della piazza della stazione, ma l’abbandono delle persone. Il decoro è umanità, accoglienza, civile convivenza e riconoscimento dell’altro”.

(Foto Pixabay)

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