Lockdown: strade deserte, silenzio, e la natura riprende gli spazi lasciati vuoti dall’uomo

Trieste – Forse presto ce lo lasceremo alle spalle, ma non ce lo dimenticheremo facilmente. Lockdown. Non sono tanto le strade vuote o le poche persone a farti chiedere cosa succede, è il silenzio della città che ti dà una sensazione di angoscia.

Una città vuota senza rumori che ti porta col pensiero a Chernobyl, la città fantasma, strade vuote dove vedi solo esercito, polizia e autobus, poca gente che gira e che per girare deve avere una valida giustificazione per non incorrere nella denuncia con multa.

Chi incontri ti guarda come se fossi un alieno, guarda se hai la mascherina, se sei autorizzato a girare, ti guarda quasi non dovessi esser lì. Il centro è vuoto, silente e cupo.

In periferia, qualcuno parla con altre persone, lì le cose sono un pò diverse, si respira meglio, c’è un pò di verde, qualche fiore, i fiori penduli del glicine, una terrazza dove ti sdrai per dimenticare l’incubo che stiamo vivendo, ma che non puoi cancellare.

Fuori città tutto cambia ancora, il verde è quasi padrone e in mezzo a lui la vita vive con intensità piena, perché l’uomo non c’è o ce n’è poco. Lì, il silenzio diventa magia, è serenità e pace, cantano gli uccelli sui rami e ronzano le api sui fiori, il lockdown per loro non c’è, non ci sono imposizioni. La natura prende e dà quello che da sempre è.

(Testo e foto a cura di Stefano Savini, tutti i diritti riservati)

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