Lotta senza quartiere alla cimice asiatica: trovato un parassita killer

Trieste – Sono pari a circa 4 milioni di euro le risorse regionali dedicate alla lotta alla cimice asiatica in un solo anno.

Un problema che sta colpendo la produzione agricola mondiale, oltre che italiana, e per il quale sono al vaglio delle soluzioni: un sistema in particolare potrebbe costituire una valida forma di lotta biologica e sarebbe pure sostenibile da un punto di vista ambientale.

Questa in sintesi la risposta che l’assessore regionale alle Risorse agricole e forestali del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Shaurli, ha dato in aula all’interrogazione presentata dalla consigliera Mara Piccin su “quali azioni l’Amministrazione regionale abbia messo in campo per affrontare la presenza della cimice marmorata asiatica (Halymorpha halys)”.

Nella sua premesse l’assessore ha sottolineato che il problema in regione, soprattutto nell’area del Medio Friuli, ha raggiunto queste criticità in soli tre anni in un contesto in cui lo stesso insetto è presente negli Stati uniti dal 2000 e dove sta tuttora causando ingentissimi danni alla produzione agricola.

Dal 2014 dunque l’Amministrazione regionale sta agendo per limitare gli effetti causati dalla cimice, dopo che due anni prima era arrivata in Italia, per l’esattezza nell’area della provincia di Modena.

La sua caratteristica, come ha spiegato l’assessore, è di essere polifaga, quindi di non attaccare solo la soia o cereali, ma anche e soprattutto le colture di frutta.

La Regione, insieme al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Consiglio per la Ricerca in Agricoltura (Crea), sta sperimentando nuove forme di lotta all’insetto.

Secondo i dati del Crea, durante il 2016 il comparto ortofrutticolo ha avuto perdite superiori al 40%. Non esistono alle nostre latitudini altre specie che siano loro predatori naturali e queste quindi possono proliferare indisturbate, anche perché l’uso di antiparassitari chimici non ha avuto affetti risolutivi.

Ma una speranza forse ancora c’è. I ricercatori del centro Crea Difesa e Nutrizione hanno cercato in natura quali siano le specie antagoniste della cimice verde e tra esse ne hanno selezionata una.

Si tratta dell’Ooencyrtus telenomicida, un insettino più piccolo di un millimetro, che va a parassitare le uova delle cimici, anche e sopratutto di quelle asiatiche.

Attualmente il lavoro di ricerca si è limitato al laboratorio e a prove di campo, ma già l’anno prossimo verranno effettuati i primi test estensivi in alcune aziende agricole per valutare meglio l’efficacia del trattamento e poterlo perfezionare.

L’imenottero Ooencyrtus telenomicida, infatti, è allevabile in biofabbriche e offre buone prospettive per il controllo biologico.

I ricercatori, in collaborazione con alcuni Servizi fitosanitari regionali, hanno già predisposto un progetto per poter allevare i nemici naturali della cimice e verificarli sul campo. In base ai risultati delle prove condotte si deciderà se passare alla produzione e diffusione di Ooencyrtus telenomicida anche in Friuli Venezia Giulia.

Se tutto va bene, nel 2018 gli agricoltori potranno sfruttare l’Ooencyrtus telenomicida e salvare le loro coltivazioni.

Intanto, sul versante delle conseguenze causate dall’insetto, come ha illustrato Shaurli, la Regione ha provveduto allo stanziamento di quasi 3 milioni di euro di indennizzi a favore delle imprese agricole che hanno subito danni dalla cimice.

“Danni peraltro – ha rimarcato l’assessore – non assicurabili. Infatti uno degli interventi è quello di agire in sede comunitaria, affinché le compagnie assicurative possano riconoscere anche la copertura di questa fattispecie di danno”.

Oltre agli indennizzi si è provveduto anche alla concessione di contributi per le spese sulla prevenzione: “circa 1 milione di euro per l’acquisto di reti antinsetto finanziate all’85 per cento ai nostri agricoltori”.

In questa dinamica attivata dalla Regione, come ha ricordato Shaurli, si inseriscono anche L’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (Ersa) e la Protezione civile regionale. L’Ersa, oltre al monitoraggio costante di diffusione e danni e all’installazione di trappole per la cattura, in considerazione della natura dell’insetto che si muove in sciami e aggredisce spesso anche abitazioni e giardini creando situazioni di disagio per la popolazione, ha predisposto una convenzione con Protezione Civile e i Comuni per facilitare l’intervento di ditte specializzate nei casi più gravi: a partire dalle strutture pubbliche come le scuole, ma in prospettiva anche a disposizione per interventi emergenziali sulle abitazioni private.

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