Acciaieria a San Giorgio di Nogaro, allarme di Legambiente per atto di forza del governo

Udine – Allarme di Legambiente FVG su un possibile scavalcamento delle procedure di legge per l’autorizzazione della futuribile acciaieria da insediare nella zona industriale Aussa Corno.

A inizio luglio, l’assessore alle Attività produttive Sergio Emidio Bini aveva risposto ad una interrogazione in Consiglio sul progetto di insediamento in Aussa Corno, affermando che gli approfondimenti di carattere tecnico-scientifico affidati dall’Amministrazione regionale fossero necessari ad indagare “i molteplici profili di complessità afferenti la Bassa friulana quali, a titolo esemplificativo, le criticità legate al sovraccarico delle infrastrutture viarie e la necessità di preservare l’habitat lagunare garantendo al contempo la manutenzione del sistema idroviario”.

Durante la recente discussione in Aula sull’assestamento di bilancio regionale, Bini aveva ribadito il concetto: “Vogliamo rendere ancora più chiaro – ha detto l’assessore alle Attività produttive e al Turismo – la finalità della norma, che è lo sviluppo complessivo dell’area, una riqualificazione che deve essere compatibile con l’ambiente lagunare e le sue caratteristiche. Nessuno disconosce che l’Aussa Corno è un’area industriale, dove è necessaria un’infastrutturazione che aumenti la capacità logistica e l’accessibilità del porto, ma neppure che Porto Nogaro è collegato alla laguna di Grado e Marano, un unicum nel panorama italiano. Con i sindaci – ha aggiunto Bini – avevamo condiviso che ogni decisione dovesse essere preceduta da approfondimenti tecnici e scientifici, e dunque il nostro non è stato un silenzio decisionale come qualcuno ha detto, ma il tempo necessario ad approfondire gli studi”.

Una ricostruzione che non aveva convinto l’Opposizione. “Nelle generalità di Giunta avevate scritto che la proposta dell’acciaieria da parte del gruppo Danieli andava colta e sostenuta”, aveva attaccato il consigliere Massimiliano Pozzo (Pd). “In questi mesi si è detto tutto e il contrario di tutto, prima che non c’era un progetto e poi che il progetto era stato mandato all’Università”, ha sottolineato Moretuzzo, che peraltro ha “rivendicato con orgoglio il voto a favore di un anno fa sul piano di infrastrutturazione dell’area”, al pari del capogruppo dem Diego Moretti , convinto che “senza industria il Fvg muore” ma pure che “quel sito non è idoneo a ospitare un’acciaieria”.

Di diverso avviso Rosaria Capozzi (M5S) che con un emendamento – bocciato dal Centrodestra ma anche dal Pd e dal Patto-Civica, chiedeva di abrogare “ogni riferimento all’infrastrutturazione, anche in termini generici, perché ci si propone comunque di scavare il canale navigabile e in questo modo non si risponde ai 24mila cittadini che hanno firmato la petizione contro l’acciaieria”. Scetticismo condiviso da Furio Honsell (Open): “Bisogna capire cosa si intende fare davvero in quell’area prima di dire sì all’emendamento di Giunta”.

Il comunicato di Legambiente

Ecco cosa si legge nel comunicato di Legambiente con data 17 agosto:

Non sarà un procedimento autorizzativo secondo legge a decidere se e come fare l’acciaieria di Metinvest/Danieli, ma un commissario straordinario di Governo.

Così ha deciso il governo Meloni con l’articolo pirata n. 13 inserito nel DL 104/2023; alle spalle del Governo ci sono Metinvest/Danieli e Fedriga che dovrà, quest’ultimo, nominare assieme alla Meloni chi sarà il Commissario Straordinario; con buona pace di chi immaginava un normale procedimento amministrativo di valutazione e discussione nel merito di un’iniziativa che da oltre 2 anni è sul tavolo della Regione e che ha suscitato solo opposizioni e contrasti per l’enorme impatto ambientale e sociale che una macchina da 2 milioni di tonnellate all’anno costituisce per il delicato equilibrio della Laguna.

25.000 firme raccolte dai Comitati, e le numerose amministrazioni comunali contrarie coinvolte, hanno fatto talmente tanta paura che si è preferito passare direttamente alle maniere forti per superare le ragioni di un no che appare troppo determinato e motivato per affrontarlo secondo le norme vigenti.

70 ha di campagna da occupare, 2 milioni di tonnellate di acciaio da produrre ogni anno (come mezza Taranto e forse più), un canale d’accesso da approfondire e rettificare per molti chilometri, scavando milioni di mc di fondale attraverso la laguna fino a molti km in mare aperto, l’ingressione e intrusione del mare facilitata dal dragaggio profondo, la movimentazione di sabbie e fanghi inquinati da piombo e cromo esavalente, l’impatto su un sito Ramsar e Natura 2000 tra i più delicati ed importanti in Italia ed in Europa, la necessità di enormi quantità di energia che non potrà mai essere green.

Queste sono alcune fra le molte altre ragioni per dire no al sito di S. Giorgio di Nogaro, ricordando anche che questo insediamento non tiene conto di alcuna pianificazione di politica industriale, né nazionale né regionale e che viene posto a S. Giorgio dopo aver scartato, senza motivi validi, il già condiviso sito industriale abbandonato di Valle delle Noghere (TS).

Tutto questo in un ambiente lagunare sottoposto a forte stress causato dalla crisi climatica e dalle pressioni generate dal bacino scolante e senza considerare gli ingenti costi a carico delle pubbliche finanze, per la manutenzione del canale anche a seguito della marinizzazione della laguna.

Tutto questo ha provocato ampie opposizioni e perplessità anche fra le amministrazioni locali mentre, dall’altra parte, ha visto un’aggressiva determinazione di Danieli che, per bocca del suo Amministratore delegato, ha più volte fatto sapere che “l’impianto si farà comunque”.

E così sarà; con una mossa a sorpresa, nel mezzo delle ferie agostane, si sono portati a casa la soluzione di ogni problema dichiarando il “preminente interesse strategico nazionale” di questo grande “programma d’investimenti esteri per la cui realizzazione sono richiesti procedimenti amministrativi integrati e coordinati di enti locali e regione per un valore superiore a un miliardo”; una norma fatta a pennello per l’acciaieria di S. Giorgio.

Questa soluzione è destinata a rinfocolare la rabbia della gente e delle amministrazioni locali che dovranno esprimersi “entro 15 giorni” sul merito del progetto; quali reazioni ci saranno dalle categorie economiche che saranno danneggiate, direttamente o indirettamente, da questo impianto?

Sarà questo atto di forza regional-governativo più forte dell’opposizione a questo progetto faraonico?

Legambiente sottolinea l’aspetto liquidatorio del provvedimento che scardina le regole di un confronto tecnico, affidato alle leggi, e politico affidato alla discussione e alla partecipazione popolare.

Senza considerare che nel mentre si vuole costruire una nuova acciaieria in un sito assolutamente inidoneo attualmente sono migliaia gli operai in cassa integrazione nel settore siderurgico a Taranto come a Piombino.

Legambiente non è contro la produzione di acciaio che utilizzi le migliori tecnologie da destinare ad usi civili orientati alla transizione ecologica. Ma non a ridosso di una Laguna che gode di forme di tutela di ogni genere. Non lì.

A fronte di un progetto tuttora inesistente (così dice la Regione), si è scelta la strada del fatto compiuto; così si impara a conoscere in quale considerazione si tengono le ragioni, tecniche e ambientali, di chi si oppone credendo ancora che le scelte sul territorio e sull’ambiente possano trovare momenti di discussione e civile confronto.

A fronte di tutto questo Legambiente si rivolge al Parlamento affinché non ratifichi questo articolo e, in particolare, chiede ai parlamentari della nostra Regione di adoperarsi in tal senso.

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