Al Centro Balducci di Zugliano il Convegno “Sconfìnati! Quando l’accento fa la differenza”

Zugliano (Ud) – “Sconfìnati! Quando l’accento fa la differenza”: questo il titolo ed il filo conduttore del Convegno di quest’anno del Centro Balducci, che risponde alle strategie contenute nel “Bid Book – GO! Borderless” di candidatura di Nova Gorica-Gorizia a capitale europea della cultura 2025.

“Sconfìnati! Quando l’accento fa la differenza” si svolgerà nel corso di due mesi, con inizio il 22 settembre e fino al 18 novembre, presso il Centro Balducci di Zugliano (Ud) ed altre sedi (Aquileia, Sagrado, Gorizia, Nova Gorica). QUI IL PROGRAMMA COMPLETO

«Potrebbe sembrare fuori luogo restare fedeli a un’idea di assenza di confini – si legge nel “Bid Book – GO! Borderless” – mentre l’Europa sembra andare proprio nella direzione opposta», eppure “Borderless”, “senza confine”, è possibile e Nova Gorica e Gorizia ne sono ampiamente simbolo.

Il Convegno 2023 si prefigura come un cammino sui confini, luoghi dove le nostre strutture (le leggi, la cultura, la giurisdizione,…) trovano la loro “fine”, ma anche luoghi dove le strutture di altre realtà umane trovano la loro relatività, la loro “fine”.

Proprio per via dei confini il concetto stesso di Europa non è mai stato davvero facile da concretizzare per la sua complessità. Come luoghi-soglia d’incontro tra diversità, sono stati spesso – e, purtroppo, lo sono tuttora – terre di conflitto, di scontro, di guerra, di sopraffazione, spazi di sfida delle identità deboli, che trovano nell’annientamento dell’altro e dell’alterità il contesto per “riconoscersi”.

Alcuni sentieri tra Est e Ovest, che saranno percorsi idealmente e fisicamente durante il Convegno, lo ricorderanno in modo vivo.

A fronte della caduta di alcuni confini, altri si rafforzano, reticolati impediscono il loro passaggio, muri s’innalzano per continuare a dividere, respingimenti di migranti si attuano promuovendo una “guerra invisibile” nei loro confronti.

Eppure il Trattato di Parigi, firmato nel 1951, che istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, afferma che «l’Europa può essere costruita solo attraverso attività concrete che creino soprattutto una solidarietà di fatto». Che si può realizzare a patto che si accettino i limiti delle proprie strutture e che si riconosca un motivo di appartenenza ulteriore che giustifichi l’incontro e il dialogo con l’altro.

Il confine può divenire, dunque, il luogo dove, senza disconoscere la propria identità, ci si esercita nell’accoglienza dell’altrui diversità (culturale, linguistica, sociale, religiosa, identitaria), lasciandosi da essa arricchire, e dove si sperimenta l’importanza di avere progetti comuni da realizzare per un bene più grande e per tutti.

Per questo l’accento di una parola – come quello del titolo del Convegno, “Sconfìnati” – può divenire segno di quell’importante cambiamento che sempre ci si aspetta: il passaggio dall’aggettivo plurale, che descrive l’uomo dal potere sconfinato, senza limiti, ma che non necessariamente si realizza nell’incontro con l’altro, al verbo coniugato all’imperativo che esorta a mettere in atto il superamento dei confini, trovando anche a livello etico e antropologico dei con-finis, dei fini comuni che ci permettano di vivere e realizzare quel sogno. In pratica, «usare la forza della nostra storia condivisa per unirci nel futuro piuttosto che usare il nostro passato per dividerci».

È ciò di cui si sente sempre più il bisogno in questi tempi di forti, esasperati individualismi personali e nazionalistici, che a ondate spesso violente tinteggiano il futuro a tinte davvero cupe e che fanno sentire l’urgenza d’«invertire la spirale discendente costruendo un nuovo ecosistema culturale».

«Prossimi passi: mai camminare da soli»: è il sogno di una “cultura transfrontaliera” portata avanti da «piante pioniere, mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri ed esploratori di frontiera» – come ha brillantemente affermato Alexander Langer – da “architetti di pace” che non temono di sporcarsi le mani – e i piedi – per promuovere un’integrazione possibile e aprire nuove stagioni di convivenza e d’inclusione.

Un sogno che anche Pierluigi Di Piazza coltivava, perché «cambiare è possibile, l’importante è crederci anche quando i segni positivi del cambiamento pare siano troppo esigui o non ci siano affatto. Per rompere le possibili complicità con la mentalità disumana di questo mondo è fondamentale assumersi la responsabilità storica che deriva da una continua crescita spirituale, culturale, etica, politica e – per chi vive questa esperienza – dall’appartenenza alla Chiesa del Vangelo. Non addormentarsi, non impigrire, ma essere capaci di appassionarsi, sdegnarsi, proporre, agire con fedeltà e perseveranza. La risposta è il cambiamento radicale della visione del mondo, del progetto dell’umanità, della relazione con la Terra e con tutte le espressioni della vita. È urgente e indispensabile un altro mondo» (Pierluigi Di Piazza, “Non uccidere. Per una cultura della pace”, Edd. Laterza, Bari 2023, pag. 36).

Qui il programma completo del Convegno del Centro Balducci 2023

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