Giornata internazionale del Mediterraneo, il WWF mette in guardia sul surriscaldamento

Trieste – Il Mediterraneo si scalda più velocemente di qualsiasi altro mare del pianeta. Suo malgrado diventa così un laboratorio naturale dove gli effetti della crisi climatica si manifestano con chiarezza drammatica e divengono oggetto di studio. Il WWF Italia rilancia la questione oggi 8 luglio, in occasione della Giornata Internazionale del Mediterraneo, con un articolo firmato dal biologo marino Roberto Danovaro, pubblicato sull’ultimo numero del magazine Panda.

Professore all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Comunità scientifica del WWF Italia, Danovaro descrive un quadro critico, con temperature delle acque che nei mesi estivi superano ormai i 30°C anche fino a 30 metri di profondità, mettendo in pericolo la sopravvivenza di molte specie marine. «Il nostro mare – sottolinea – sta cambiando sotto i nostri occhi, ed è oggi tra gli ecosistemi marini più vulnerabili al mondo».

Riportiamo di seguito una sintesi dell’articolo.

Un “oceano in miniatura” in pericolo

Il Mediterraneo copre meno dell’1% della superficie degli oceani globali e contiene appena lo 0,3% delle loro acque. È poco profondo, con una media di circa 1.500 metri, il che lo rende estremamente sensibile al riscaldamento. Secondo Danovaro, questa condizione lo trasforma in un vero e proprio “oceano in miniatura”, un luogo dove si possono osservare in tempo reale le dinamiche che interessano gli oceani maggiori.

Le conseguenze del surriscaldamento sono molteplici: dall’acidificazione delle acque (il pH è sceso di quasi 0,2 unità rispetto a un secolo fa) alla diffusione di specie aliene tropicali, che risalgono il bacino attraverso il Canale di Suez, trovando nelle acque sempre più calde un ambiente favorevole. Queste nuove presenze alterano profondamente gli equilibri biologici locali, mettendo in difficoltà le specie autoctone, come quelle del Golfo di Trieste o del Mar Ligure, abituate a temperature più basse.

Trieste e il Nord Adriatico tra le zone più vulnerabili

Il Nord Adriatico – e in particolare il Golfo di Trieste – è tra le aree maggiormente colpite. Qui le ondate di calore estive possono far salire la temperatura dell’acqua ben oltre i 30 gradi, creando condizioni insostenibili per molte specie stanziali, soprattutto quelle costiere o che vivono fissate ai fondali, come gorgonie, spugne e ricci di mare. Negli ultimi anni si sono già verificate morie di massa in varie aree del bacino, con veri e propri collassi degli ecosistemi marini locali.

«Durante estati particolarmente calde – spiega Danovaro – le foreste sommerse di alghe brune e le praterie di Posidonia oceanica vengono danneggiate in modo irreversibile. Il 2024 ha lasciato segni evidenti, e molte di queste aree non si sono ancora riprese nel 2025». L’impatto è pesante anche sulla pesca, che subisce una riduzione delle zone adatte alla riproduzione delle specie ittiche.

Biodiversità come scudo naturale

Il WWF ricorda che mari e oceani svolgono funzioni vitali: assorbono oltre il 90% del calore in eccesso dell’atmosfera, sequestrano il 40% dell’anidride carbonica e producono metà dell’ossigeno che respiriamo. Ma tutti questi servizi dipendono dalla salute degli ecosistemi marini, oggi sempre più compromessa.

Per fronteggiare questa emergenza, secondo Danovaro, è fondamentale rafforzare la biodiversità. «Un sistema ricco di specie – scrive – è molto più resistente ai cambiamenti climatici rispetto a uno impoverito». Serve quindi proteggere ciò che ancora funziona e intervenire dove necessario con il restauro ecologico, una sorta di “terapia intensiva” per gli habitat degradati, prevista anche dalla recente legge europea sul ripristino della natura.

La Giornata Internazionale del Mediterraneo assume dunque un significato che va oltre la celebrazione. È un richiamo alla responsabilità, rivolto a istituzioni, cittadini e comunità costiere. Perché il futuro del “Mare Nostrum” non è scritto, ma dipenderà dalle scelte che sapremo compiere oggi per tutelarne la vita, la ricchezza e l’equilibrio.

Immagine: © Jürgen Freund per WWF

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