Indagine Ires, crescono a doppia cifra le assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel 2022

FVG – Nel 2022 il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è aumentato del 12,4% rispetto all’anno precedente: da 143.000 a 161.000, quasi 18.000 unità in più.

Tale valore risulta inoltre superiore (di circa 14.500 unità) anche a quello registrato nel 2019, prima della pandemia.

Lo rende noto il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo che ha rielaborato dati Inps. Nella seconda parte dello scorso anno, spiega Russo, si osserva comunque un rallentamento della domanda di lavoro; la crescita rilevata si è infatti concentrata nei primi cinque mesi, mentre da giugno in poi i dati sono allineati a quelli del 2021.

Questa dinamica è stata evidenziata anche dall’Istat, che ha stimato un incremento dell’occupazione, seppure limitato al primo semestre del 2022.

Le tipologie contrattuali

Nel 2022 sono cresciute in termini relativi soprattutto le assunzioni a tempo indeterminato (quasi 4.800 in più, paria +25,8%), mentre in valori assoluti l’incremento più rilevante ha riguardato quelle a termine (+4.900 unità, +8,3%).

Nel 2022 le assunzioni a tempo indeterminato sono state 23.300; nel recente passato solo il 2015 ha fatto segnare un valore più elevato (quasi 30.000), anche grazie ai forti sgravi contributivi introdotti quell’anno. Un’altra tipologia che è notevolmente aumentata è stata quella dei contratti stagionali (+20,5%), a testimonianza del buon andamento del comparto turistico, che fino ai primi mesi del 2021 subiva ancora gli effetti negativi delle restrizioni introdotte per contrastare la pandemia.

Nel complesso a livello territoriale la provincia di Udine presenta la variazione positiva di maggiore entità (+16,5%); Trieste (+13,5%) e Gorizia (+11,9%) evidenziano degli incrementi comunque significativi e superiori al 10%. Solo Pordenone mostra una crescita più contenuta, inferiore al 5% (+4,6%).

Le dimissioni dei lavoratori

Nel 2022 sono aumentate anche le interruzioni dei rapporti di lavoro (da 131.000 a 156.000, quasi il 19% in più). Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono la motivazione di gran lunga principale della conclusione dei rapporti a tempo indeterminato. In termini assoluti sono passate da 13.000 a oltre 28.500 in meno di un decennio.

Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni a tempo indeterminato, nel biennio 2021-2022 la loro incidenza ha superato il 75%. In provincia di Pordenone ha superato l’80% ed è una tra le più elevate d’Italia assieme a due province venete: Treviso (81%) e Vicenza (80,5%).

Questo risultato sembra confermare che il Nordest si conferma una delle aree del Paese più dinamiche dal punto di vista economico e dove sono maggiori le opportunità per chi vuole cambiare occupazione.

Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% nell’ultimo triennio, anche per effetto del blocco dei licenziamenti che era stato deciso durante la pandemia. Solo nel 2022 c’è stata una lieve ripresa che ne ha portato l’incidenza al 13,6%. Nel tempo è invece sensibilmente aumentato il peso dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% nel 2014, all’attuale 5,8%).

Le difficoltà di reperimento del personale

In regione, in base alla rilevazione condotta dal sistema informativo Excelsior, le imprese dell’industria e dei servizi stimano 8.530 entrate di lavoratori a marzo 2023.

Nel 56,5% dei casi prevedono di avere delle difficoltà a trovare i profili professionali ricercati, soprattutto per la mancanza dei candidati (34,1%) più che per la scarsa preparazione degli stessi (16%).

La percentuale di assunzioni difficili in provincia di Pordenone supera il 60% (60,7%) ed è il valore più alto a livello nazionale.

Tra le figure più richieste a marzo in regione si trovano ai primi posti: gli esercenti e addetti alla ristorazione (1.150 entrate previste), il personale non qualificato nei servizi di pulizia (620) e gli addetti alle vendite (610).

Tra le dieci figure maggiormente richieste, invece, quelle più problematiche da reperire sono: gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici (l’83,7% delle assunzioni sono ritenute difficili), i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (75,8%) e i conduttori di veicoli a motore (75%).

In base ai titoli di studio richiesti, le maggiori difficoltà si registrano in corrispondenza delle assunzioni di candidati che hanno concluso un percorso Its (82,9%), seguite da quelle dei possessori di una qualifica di formazione o diploma professionale (67,7%), in particolare con indirizzo del legno (95,3%), seguito da quello meccanico, della ristorazione e degli impianti termoidraulici (in tutti e tre i casi con percentuali che superano il 70%).

Si può infine evidenziare che negli ultimi anni gli ostacoli al reperimento del personale da parte delle imprese appaiono crescenti. Nel 2017 le assunzioni ritenute difficili in regione erano meno della metà di quelle rilevate attualmente (26,3%); a giugno dello scorso anno, nonostante l’aumento progressivamente registrato, si attestavano ancora al 45%, dieci punti percentuali in meno rispetto alle previsioni odierne.

 

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