Le autorità egiziane negano qualsiasi collaborazione con l’Italia per il caso Regeni

Roma – Le autorità egiziane negano qualsiasi collaborazione con l’Italia per il caso Regeni. Lo attesta la nota che il ministero della Giustizia ha inviato al Giudice dell’udienza preliminare di Roma nel giorno dell’udienza del procedimento a carico dei quattro 007 accusati di avere rapito, torturato e ucciso il ricercatore friulano nel 2016.

Il giudice Roberto Ranazzi in gennaio aveva chiesto al governo di verificare la possibilità di un'”interlocuzione” con il Cairo.

Lunedì 11 aprile ha disposto la sospensione del procedimento affidando ai Ros nuove ricerche; si tornerà in aula di nuovo il 10 ottobre, quando verrà ascoltato il capo dipartimento affari giudiziari del Ministero della Giustizia, Nicola Russo.

Il giudice ha definito “del tutto pretestuose le argomentazioni della Procura Generale del Cairo”, aggiungendo che il “rifiuto di collaborazione delle autorità egiziane è un dato di fatto”.

Nel documento trasmesso alla Procura, il ministero della Giustizia scrive del “rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti” con l’Italia nonché il ‘no’ a un incontro tra il ministro Marta Cartabia e il suo omologo egiziano.

Il 15 marzo, durante un incontro in Egitto, è stato comunicato al direttore della cooperazione giudiziaria italiana che sulla vicenda la competenza è della Procura Generale per la quale il caso Regeni è chiuso.

Il Ros è riuscito ad acquisire l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro ma per il codice penale per questioni internazionali è necessario il domicilio.

“Siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura del regime di Al Sisi che continua a farsi beffe delle nostre istituzioni e del nostro sistema di diritto. Chiediamo che il presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati. Oggi è stata un’ennesima presa in giro”, ha detto l’avv. Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio.

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