Omicidio Regeni, Human Rights Watch: la dittatura egiziana non estraderà i colpevoli

Roma – Roma – “Finché l’Egitto sarà guidato dall’attuale dittatura militare, sarà molto difficile ottenere l’estradizione di quattro componenti di quel sistema di sicurezza che tiene il presidente Al-Sisi al potere, e con lui l’intero apparato militare”.

Così Claudio Francavilla, rappresentante di Human Rights Watch presso l’Unione Europea, intervistato dall’agenzia Dire a margine della conferenza “Egitto: 10 anni di gravi violazioni dei diritti umani, con la complicità di Ue e Italia”, organizzata dall’organizzazione EgyptWide for Human Rights, svoltasi il 28 settembre a Roma.

L’esperto interviene all’indomani della decisione della Corte costituzionale di autorizzare il processo in contumacia ai quattro imputati per la morte del ricercatore friulano Giulio Regeni. Ieri, accogliendo il ricorso presentato dal Gip di Roma, la Consulta ha valutato come “illegittimo” sul piano costituzionale l’articolo del codice di procedura penale in esame, nella parte in cui non tiene conto del fatto che “il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo”.

Sbloccato così il procedimento a carico dei quattro agenti dei servizi di Intelligence – Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif – a cui non è stato possibile notificare con certezza il rinvio a giudizio, in quanto non è stato possibile ottenere l’indirizzo di domicilio, un punto su cui le autorità del Cairo non hanno collaborato.

Una notizia, quella della decisione della Consulta, che è stata accolta con entusiasmo dalla famiglia Regeni, che attraverso l’avvocata Alessandra Ballerini ha commentato in lungo post “finalmente”. “Il nostro Paese deve saper difendere i suoi cittadini e non scendere a patti coi dittatori”.
Francavilla continua: “Abbiamo grande rispetto degli sforzi della famiglia e dell’avvocato e della magistratura in Italia, per riuscire a portare avanti questo processo in contumacia. Se riuscirà a portare un po’ di sollievo all’angoscia della famiglia di Giulio, ben venga. E’ una speranza condivisa quella di vedere i quattro imputati presenti in aula e rispondere delle gravi accuse a loro carico e, qualora si arrivasse a una condanna, che la pena venisse scontata”.

Francavilla osserva ancora: “Se si riuscisse a celebrare il processo, un altro effetto positivo che comporterebbe sarebbe portare in aula tutto l’apparato repressivo e smascherarlo. Dobbiamo sempre tenere a mente che il caso di Giulio non è isolato: ci sono decine di migliaia di prigionieri politici in Egitto, persone che in carcere non avrebbe mai dovuto mettere piede, e decine di migliaia di genitori, famiglie, parenti e amici che vivono nell’angoscia quotidiana dei propri cari rinchiusi nelle carceri egiziane. È nostro dovere continuare a batterci per onorare la memoria di Giulio e per le decine di migliaia di persone che vivono questi soprusi”.

fonte: Agenzia DIRE

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