Tempesta Vaia: riaperta la Val Cimoliana ma c’è ancora molto da fare. Fotogallery

Cimolais – Sono bastati 34 minuti alla tempesta Vaia per devastare la Val Cimoliana. I venti sciroccali innescati dalla perturbazione del 27-29 ottobre 2018, potenziati dalle alte temperature raggiunte dal mare Adriatico (circa 10 gradi in più rispetto alla media del periodo) hanno fatto registrare in quei pochi minuti picchi di 200 km/h, secondo quanto monitorato dalla stazione meteo del vicino Monte Rest.

I danni al bosco ed alla strada che collega il paese di Cimolais con il rifugio Pordenone sono stati ingenti. Sabato 8 giugno è stata aperta ufficialmente la strada-pista di quindici chilometri, dove per mesi era rimasto in vigore il divieto di transito anche alle persone a causa dei dissesti idrogeologici.

La strada si snoda tra spettacolari paesaggi lungo le acque del torrente Cimoliana e ora permette nuovamente a escursionisti, appassionati di montagna e turisti di raggiungere la val Meluzzo per poi addentrarsi sulle vette, caratterizzate dalla torre rocciosa del Campanile di val Montanaia, che svetta per 300 metri.

Il sindaco di Cimolais Davide Protti parla di “un’apertura provvisoria che rientra in un piano viario indispensabile per far partire in futuro quei cantieri che la Regione metterà in atto in val Cimoliana”.

Sono previsti, infatti, interventi per un importo complessivo di circa 6 milioni di euro, necessari al completamento di primarie opere di consolidamento: solidità degli argini, muri di contenimento, bonifiche idrauliche, dissesti di rilevanza forestale.

La percorrenza della pista – a tratti asfaltata e a tratti sterrata su ciottoli – potrà essere affrontata dagli automobilisti prestando molta cautela ed attenzione ai vari segnali stradali disposti lungo la valle, dal momento che alcuni tratti saranno a senso unico alternato.

Soddisfatti anche gli operatori delle strutture ricettive, come il gestore dell’albergo Margherita Maurizio Protti, che affrontano così la stagione estiva sotto un’altra luce e che spazza via tante incognite legate al turismo. E dopo mesi di isolamento anche i gestori del rifugio Pordenone – punto di partenza per le principali vie escursionistiche -, Marika Freschi e Ivan De Ros, si sono mobilitati, grazie all’aiuto spontaneo di tanti volontari per garantire l’apertura del rifugio proprio nella giornata di sabato 8 giugno.

Sulla Val Cimoliana è stata fatta comunque una ricognizione preliminare così da documentare fotograficamente la situazione ambientale e le opere in corso per garantire la sicurezza della pista.

Per l’occasione, il Parco delle Dolomiti Friulane ha organizzato già il giorno successivo, domenica 9 giugno, una visita didattica ad uno dei sentieri danneggiati dagli schianti di alberi: il 390, che da Pian Fontana conduce a casera Laghet de sora.

Impressionante il panorama che si apre agli occhi degli escursionisti: il vento è letteralmente “impazzito” prendendo tutte le direzioni e devastando larghe macchie di foresta. “Il vento non ha solo sradicato gli alberi, ma in alcuni casi li ha tagliati a metà – ha spiegato Franco Polo, guida naturalistica del Parco che ha condotto la visita. – durante i sopralluoghi abbiamo trovato tronchi scagliati a distanze di centinaia di metri”.

La diversificazione dei boschi delle Dolomiti friulane ha permesso di limitare i danni: “Il bosco monospecie è più fragile – ha detto la guida. – In queste foreste invece c’è un misto di faggi, frassini, abeti bianchi e abeti rossi. Le latifoglie hanno radici che scendono in profondità e aiutano anche le conifere, che hanno radici più superficiali, a resistere meglio ai venti”.

“La faggeta – aggiunge – oltre ad offrire uno splendido spettacolo di colori, è più protetta dai venti autunnali poiché, perdendo le foglie, non crea l’effetto-vela che opponendosi al vento crea le condizioni per lo schianto. Cosa che accade invece alle conifere”.

Il ripristino di strade e sentieri forestali è ulteriormente complicato a causa delle intricate situazioni di proprietà dei terreni, che pongono questioni giuridiche di non poco conto. Se gli schianti avvengono su terreni privati, ad esempio, i tronchi si possono rimuovere solo se creano problemi alla viabilità. “A parte questi interventi obbligatori per la sicurezza – spiegano i forestali – non si può fare nient’altro. I proprietari spesso sono irreperibili o non si curano più della terra”.

Da parte sua il comune ha già fatto alcuni passi necessari per avviare le opportune richieste di autorizzazione dei vari interventi presso la Regione e lo Stato. Le foreste infatti sono patrimonio demaniale ed in teoria non potrebbe essere tagliato neppure un ramo senza il via libera degli enti di competenza.

Senza considerare gli ingenti costi per tagliare gli alberi e movimentare i tronchi, spesso situati in zone impervie.

I rischi di una prolungata inattività di riordino – spiegano gli addetti forestali – è quello di provocare ulteriori danni, che possono essere di diversa natura.

I tronchi rimasti sui greti potrebbero essere portati a valle da ulteriori piogge e danneggiare ancora una volta i ponti e gli invasi.

Tra i possibili danni ambientali vi è anche la proliferazione degli insetti che già stanno intaccando gli alberi caduti. “Ci sarà un aumento consistente delle colonie di questi insetti, che andranno a danneggiare anche le piante sane” ha spiegato Polo.

Le guide hanno evidenziato che ben pochi sentieri sono rimasti indenni. La situazione peggiore si registra in Val Settimana, dove risulta quasi impossibile addentrarsi nei sentieri del bosco.

Ottima comunque la risposta di escursionisti e gitanti, che nel weekend della riapertura hanno affollato la valle e il greto dei torrenti, complice la splendida giornata – finalmente! – di tarda primavera.

Sul posto c’erano Lorenzo Cardin e Tiziana Melloni, che propongono un’ampia galleria fotografica ©

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