È solo la fine del mondo… la nuova produzione del Teatro Stabile Sloveno di Trieste

Vladimir Jurc  lo conosciamo quale storico pilastro della compagnia stabile del TSS di Trieste. Qui invece presenta un lavoro come regista. Un testo contemporaneo del drammaturgo Jean-Luc Lagarce che Jovan Ćirilov, ideatore del più famoso festival balcanico di teatro – il Bitef di Blegrado –fece conoscere a Jurc poco meno di una ventina di anni fa.

La nuova produzione dello Stabile Sloveno di Trieste si snoda attorno ad un copione drammaticamente frammentato, dove dialoghi surreali si avvolgono sul nastro della memoria del protagonista narrante Louis, interpretato intensamente da Romeo Grebenšek. I personaggi chiave sono forse, più che i familiari di Louis, le eco delle loro voci che, inverosimili dialoghi, con sacra ritualità si trasformano in monologhi incessanti e irritati sfocando letteralmente i volti di chi li pronuncia. Parole bruciate da ascolti silenziosi e interrotte dal suono caparbio del trombone di Denis Beganović, quasi in parata funebre, come ad annunciare ciò che è ineluttabile.

Brava come sempre Maja Blagović, qui la madre di Louis, a volte vezzosa, sopra le righe, altre relegata all’angolo, delusa da molte attese smentite. La sorella troppo giovane per ricordare il fratellone fuggito da casa dopo dodici anni dalla sua partenza, è incatenata alle proprie fantasie infantili che lo ritraggono ancora come un eroe. Sul palco è Sara Gorše. La cognata curiosa di incontrarlo per la prima volta, interpretata da Tina Gunzek, crede di poter surrogare con qualche gentilezza le voragini emotive che il lungo incompreso distacco ha procurato nel cuore della famiglia. Infine c’è il fratello di Louis, nei cui panni gioca Primož Forte: iracondo Antoine, che più di ogni altro conosce soltanto il proprio dolore, così assordante da non permettergli di ascoltare altre voci che la propria.

Ciascuno di loro è nella nebbia, ciascuno solo un’evocazione distorta della mente del protagonista. Louis è uomo ormai solo, prossimo alla morte. Fa ritorno per un breve momento nella casa abitata dalla sua famiglia. Un ritorno per non ritornare più, in una casa nella quale la sua stanza è diventata il luogo dove riporre «le cose che non servono più», un po’ come Louis stesso, inutile, fastidiosa presenza che irrompe nel precario equilibrio delle relazioni domestiche appese ad un vacuo ricordo di lui che non ha nulla a che fare con la realtà della sua persona.

La memoria è un luogo, un odore, un gesto. Qui la memoria del figlio, del fratello, dell’uomo è ciò che ciascuno vuole con tutte le proprie forse sia l’anima di Louis, disinteressati tutti di chi sia davvero, di quale sia la sua sofferenza, la sua solitudine.

Il testo del drammaturgo, che con il suo protagonista ha in comune l’esser morto giovane, è  notissimo in Francia dove le opere di Lagarce sono fra le più rappresentate assieme ai grandi classici. Da ricordare l’omonimo interessante film di Xavier Dolan tratto dalla pièce che a Cannes nel 2016 si aggiudicò il gran premio speciale della giuria. Lo spettacolo è in scena al Ridotto del TSS con i consueti sovratitoli in italiano fino al 1 marzo con una data prevista anche a Gorizia.

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