La Fura, quando teatro e musica scelgono la difesa dell’ambiente

Ancora un altro titolo per La Fura dels Baus al Lubiana Festival 2023. Ancora un successo certo per uno spettacolo complesso, raffinato, che rilegge pagine sinfoniche di accreditata popolarità assieme a brani meno usuali con uno spirito critico, politico, di chi vuole dire una parola sull’emergenza ambientale attraverso l’estetica teatrale.

L’apparentemente inarrestabile devastazione compiuta dall’Homo sapiens è infatti la cifra tematica de “Pastorale per il pianeta” andato in scena nello spazio del teatro all’aperto Križanke della capitale slovena.

Domina la performance la nota Sinfonia n.6 di Beethoven, da cui il titolo, ma si intersecano, conferendo ritmo generale all’opera, anche brani di Carl Maria von Weber, del praghese Antonín Reicha, di Reitz, di Mendelssohn, così, oltre all’ottima Orchestra sinfonica slovena della radio e televisione, lo spettacolo è scandito anche dalla voce di Sophie Karthäuser, soprano dutilissimo. Vi sono inseriti addirittura due temi di musica popolare, uno spagnolo e uno ucraino.

La musica è al contempo protagonista e sfondo, trama e ordito. Difficile distinguere fra il linguaggio sonoro e gli altri codici utilizzati, poiché è una continua pervasiva immersione dei sensi nell’interazione dello sviluppo. Domina il palcoscenico la carena di un aeromobile distrutto per una caduta, in posizione verticale, i cui rottami sono strutture che si trasformano nelle mani dei performer in oggetti di scena, macchine dove rimanere sospesi, altalene che fluttuano in un futuro distopico, dove regna l’amarezza per le specie animali estinte e l’uso distruttivo della tecnologia.

Il viaggio inizia nel tempo archetipo del mito, con l’orgoglioso Prometeo incatenato e colpito tante volte dall’aquila, simbolo forse della natura che prova a reagire all’incuria dell’uomo o forse strumento stesso della tecnologia umana che distrugge l’origine stessa della propria prepotenza.

Sulla strada della propria disfatta l’umanità fa i conti anche con le reti e i fili spinati che dividono il nord e il sud del mondo. Ambiente, società, interessi egoismi,  possibili sogni di fratellanza si intrecciano in un viaggio iniziatico lungo il quale ci si accorge però dell’ineluttabile resilienza che la natura ha.

Lo spirito dell’opera non accusa e non difende: immerge il pubblico nelle contraddizioni, nel dolore, nell’energia vitale, nella forza distruttiva della violenza, senza sconti.

Ancora una volta, in questo lavoro della Fura,  la tecnologia assume assieme ai performer un ruolo preminente, con proiezioni che rivestono lo spazio intero e che dipingono i suoni interfacciandosi direttamente con gli interpreti in carne e ossa e con gli strumenti musicali. Anche il pubblico interagisce protagonista dello spettacolo con l’ausilio dell’app Kalliope che permette di entrare più profondamente nel messaggio dello spettacolo, che accompagna con suoni e immagini lo scorrere della performance e che consente sul finire, di votare quale finale riservare all’umanità ormai sommersa dalle acque degli oceani, come la Venezia di un prevedibile prossimo futuro. Gli spettatori di Lubiana hanno scelto il finale ottimista e la musica ha riportato il nostro pianeta verso un domani ancora abitabile. Per contro, se avesse dominato la visione pessimistica, la sola speranza peer l’umanità sarebbe stata quella di fuggire nello spazio abbandonando la Terra ormai arida e infuocata.

Ha diretto molto bene l’orchestra Josep Vincent.

«Pastorale per il pianeta» è nata dalla creatività di Eyesberg  e dal disegno scenotecnico di Mihael Milunovic, con un team artistico importante come è solita lavorare la Fura, ma l’idea sottesa all’intero spettacolo è quel modello ecologico pensato e proposto dallo scomparso Jacque Fresco con il suo noto “The Venus Project”. Ciò a testimonianza di come arte e musica possano diventare testimonial efficaci di idee formidabili e accendere in ciascuno lo spirito critico, perché tutti possiamo sentirci responsabili del mondo che ci ospita.

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