Referendum: la vittoria “Veneta” del ragionier Zaia

Treviso – Il referendum è una vittoria personale di Luca Zaia: in Veneto il quorum del 50%+1 è già superato alle 19 per un finale 57,2%. In Lombardia l’affluenza è stata più bassa sfiorando il 40%, ma senza il temuto quorum. Il sì in Veneto ha raggiunto quota 98,1%.

Onore al governatore del Veneto Luca Zaia, che si giocava gran parte della sua credibilità politica, ma quello che molti non hanno capito, o voluto non capire, sul referendum “Veneto” è che l’unità nazionale non veniva assolutamente intaccata, per buona pace dei centralisti filo-romani della ex sinistra-destra: niente minacce di secessioni in salsa Catalana o arrembaggi carnascialeschi a campanili e prefetture. Il ragionier Luca Zaia è una persona seria, che è “volato alto” su tutto e tutti, vincendo prima la battaglia legale in Corte Costituzionale e sorvolando poi sulle tante forme di boicotaggio, che la sua iniziativa referendaria ha subito.

Al suo carro, come sempre, si sono aggrappati gli “amici” della Lega Lombarda post-bossiana del “nazionalista” Salvini, che con Maroni ha voluto allargare alla sua regione (ma che c’azzecca la Lombardia autonoma?), l’iniziativa referendaria squisitamente veneta, ma si sa, per loro esiste ancora e solo il Lombardo-Veneto di napoleonica memoria, e con l’inspiegabile costo del triplo (?) di quello Veneto (38 contro 12 milioni di euro) e l’assenza del famigerato “Quorum”. Ergo la vittoria di Luca Zaia è stata una lezione di serietà ed efficienza non solo per Roma, ma soprattutto per Milano.

Venendo ai numeri: in Veneto il quorum del 50%+1, già superato alle 19, è stato ampiamente accolto dal 57,2% finale e da tale dato bisognerebbe aggiungere un 8% di elettori “esteri” che non hanno potuto votare. In Lombardia l’affluenza è stata più bassa sfiorando il 40%, ma senza il temuto quorum. I numeri snocciolano, seggio dopo seggio, un’affermazione politica che incorona il governatore Luca Zaia: il sì in Veneto ha raggiunto quota 98,1%. Vincono i veneti, il loro senso civico e l’idea di poter fare nell’alveo della Costituzione le necessarie riforme.

Il Veneto non potrà “incredibilmente”diventare Regione a statuto speciale, come Sicilia, Sardegna, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, paradosso anti-storico tutto italiano, dopo 17 anni di euro-dominio, ma potrà negoziare il trasferimento di maggiori competenze dallo stato centrale.

Le battaglie per l’indipendenza veneta sono lontane, le ridicole cerimonie bossiane del “Dio Po” solo un ricordo: il figliol prodigo veneto, reclama solo, ma con fermezza e determinazione, maggior efficienza e parsimonia amministrativa.

Andrea Cometti

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