Impressioni di primavera da Trieste e dal suo Carso nel silenzio del lockdown. Galleria di foto

Trieste – È arrivata la bora, è arrivata con forza e per quasi una settimana, poi il finalmente caldo di aprile. Quest’anno il mito triestino che se piove sulle palme, non piove a Pasqua è crollato, sole pieno da 10 giorni e ancora altri davanti, la primavera è nel suo pieno fervore, ma girare in città dà ansia, tutto chiuso, tutto fermo e solo poche persone che girano.

La cosa strana è l’aria, così pulita e tersa che stupisce, perfino la ferriera è ferma, non erutta più le sue polveri mortali.

E poi quel silenzio, è quasi una magia non sentire il rumore del traffico e delle varie attività che normalmente fanno da sottofondo al giorno: non c’è, è sparito, sostituito del silente rumore della natura, l’aria che muove le foglie e i fiori, gli uccelli che si preparano alla riproduzione e poi la vista, la vista di Trieste dal Carso ti lascia la bocca aperta, quasi non credi ai tuoi occhi di quello che vedi e senti.

I bambini a casa soffrono e i genitori con loro e senti questo contrasto fra la prigionia, con il virus ti obbliga a star a casa nella paura, e il mondo di fuori che è rinato, è libero nella sua piena vita.

Niente immancabile raccolta degli asparagi, niente passeggiate e corse con la bici, niente altro che restare a casa ad aspettare che finisca l’incubo, quest’incubo invisibile che ha cambiato di colpo la nostra vita, lasciandoci solo il tempo per riflettere su cosa conta, su cosa è importante per il nostro futuro.

Chissà se questa brutta storia ci insegna qualcosa, magari a rinunciare ai troppi e comodi profitti da barattare per una vita sociale migliore, dove finalmente l’elemento umano diventa il perno centrale del futuro e non solo uno strumento di sfruttamento sistematico. Forse un sorriso vale più di mille garanzie economiche.

(Testo e foto a cura di Stefano Savini. Tutti i diritti riservati)

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