Scuola più gialla o più verde? Atteso lo smantellamento, arrivano gli accomodamenti

Trieste – Dal governo gialloverde ci si aspettava, stando alle promesse elettorali, lo smantellamento della legge 107/2015, ovvero della Buona Scuola.

In seguito alle dichiarazioni agguerrite sul fronte politico del cambiamento, ci si attendeva una serie di picconate. Soprattutto dopo le forti proteste del mondo dell’istruzione al cui spostamento di voti – hanno detto i sondaggi – si deve la catastrofe di Renzi e del suo Pd.

Tuttavia, invece delle picconate arriva qualche cancellatura. Tuttalpiù qualche spallata, a giudizio di certi sindacati. E tutto all’indomani dell’entrata in vigore degli aumenti stipendiali considerati inadeguati a un decoroso adeguamento europeo.

La situazione in generale non migliora, né potrebbe farlo in così poco tempo. Questo è vero. Ma intanto la Corte dei conti conferma la consueta triste realtà che i docenti italiani sono demotivati da uno stipendio basso e un lavoro faticoso, scoraggiati dallo scarso riconoscimento sociale e soprattutto sono invecchiati e, di conseguenza, poco propensi all’innovazione. Ma per i pensionamenti, com’è noto, i bilanci ancora non quadrano e la “quota 100” è ancora un miraggio.

Intanto accade che il neo ministro dell’istruzione, onorevole Marco Bussetti, stia portando qualche aggiustamento, in bilico tra programma leghista e pentastellato sebbene – per ora – il colore del cambiamento sia più verde che giallo.

Infatti, Bussetti ha appena dichiarato che sarà abolita la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti, ossia quella che qualche sindacalista ha definito il mercato delle vacche, ovvero l’espressione dei super poteri dei presidi che contribuiva a mettere sul medesimo piano scuola e azienda privata (qui il servizio). Gli insegnanti saranno chiamati a lavorare, di nuovo, secondo le imparziali e neutrali graduatorie a punteggio e non secondo il giudizio del dirigente.

Poi si attacca col bonus merito, altro pilastro deprecato della 107 (qui il servizio). Ma in questo caso, il pilastro rimane anche se un po’ ritoccato: cambiano le ripartizioni, il bonus sarà esteso “democraticamente” ai precari e i criteri per l’assegnazione saranno oggetto di contrattazione integrativa d’istituto. Anche qui rimane la struttura divisiva e concorrenziale tra colleghi, ma i criteri non saranno più definiti dal comitato per la valutazione sottoposto ai poteri discrezionali del dirigente.

Inoltre sembra sia pronto un disegno di legge che prevede l’immissione in ruolo dei precari che abbiano superato i tre anni di insegnamento. In assenza di posti disponibili, i “triennalisti” saranno inseriti in una corsia preferenziale e avranno la precedenza per le supplenze.

Altro punto a favore sono i concorsi regionali. Dopo la tempesta causata dai deportati (qui il servizio), Bussetti calma le acque con i concorsi su base regionale: lo scopo è di evitare che chi trova lavoro lontano da casa cerchi poi in tutti i modi di ritornarvi. I bandi saranno nazionali, ma il candidato potrà scegliere la regione dove sostenere il concorso e ottenere il domicilio professionale, per evitare travasi, assenze e ritardi di inizio anno.

Ma dove c’era grande attesa, il ministro è stato perentorio: “l’alternanza scuola lavoro rimane perché fa bene al Paese” ha annunciato alla stampa. E la dichiarazione è destinata a provocare reazioni perché tocca l’argomento che più di tutti ha mobilitato e scontentato docenti, genitori, studenti e politici per i modi in cui è stata interpretata e condotta.

Molto abbiamo scritto sull’alternanza scuola lavoro, (qui e qui i servizi) ma c’è un’altra questione calda che rimane aperta, ed è quella dei test Invalsi. (I servizi qui, qui e qui)

Dopo l’annosa questione su quanto viene accusato di essere una sterile batteria di quiz finalizzata a deprimere la cultura scolastica e, dall’altra, un’utile adeguamento alla didattica europea, si è deciso: dall’anno prossimo la temuta terza prova dell’esame di stato sarà soppiantata – appunto – dal test Invalsi.

Così volle Renzi nell’integrazione del 2017 alla sua buona scuola e così sarà: un test fatto al computer, su italiano, inglese e matematica sarà requisito indispensabile per essere ammessi all’esame conclusivo. Il risultato del test Invalsi sarà integrato dal completamento dell’alternanza scuola lavoro documentata con una relazione.

Qualcosa si sta trasformando e adeguando ai tempi. Ma sembra che il margine per un oggettivo progresso politico ed educativo sia ridotto a un percorso obbligato. Non siamo molto distanti dai tempi delle “Tre I” (impresa, inglese, informatica). E più che uno smantellamento, per ora, sembra un lifting.

[Roberto Calogiuri]

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