Centri islamici chiedono confronto sulla riapertura al culto, il Comune di Monfalcone ribadisce ragioni

Monfalcone – Continuano le difficoltà di dialogo fra le comunità islamiche e l’amministrazione comunale di Monfalcone sul tema dell’accesso alle sale deputate alla preghiera, chiuse dal Comune di Monfalcone per motivi di sicurezza in relazione alla capienza.

Dopo la sospensiva del Consiglio di Stato alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale, che aveva respinto il ricorso delle associazioni contro il provvedimento comunale, i Centri culturali Baitus Salat e Darus Salaam hanno comunicato di non aver intenzione di aspettare l’udienza in Camera di consiglio fissata il 19 marzo per riprendere le attività di culto nei locali.

I centri islamici hanno fatto sapere che se non ci sarà una interlocuzione con il Comune di Monfalcone dopo la sospensiva del Consiglio di Stato, ricorreranno con urgenza allo stesso Consiglio di Stato per poter ritornare a pregare da subito nei luoghi dove vige il divieto sancito dall’ordinanza della sindaca.

Il Consiglio di Stato aveva decretato che le strutture potessero riaprire previo “leale confronto tra le parti” con cui garantire misure atte ad evitare “ogni possibile pericolo alla incolumità delle persone e delle cose”. A tale proposito, la difesa dei centri culturali aveva inviato al Comune la richiesta di un incontro.

Il Comune, nel rispondere alla nota pervenuta dal legale patrocinatore delle due strutture, ricordato quanto previsto dalle ordinanze emesse dall’amministrazione comunale e dal decreto del presidente della seconda sezione del Consiglio di Stato, rilevava che “non si comprende che veste debba assumere il termine “confronto” in relazione a “tutte le iniziative e le misure adeguate e idonee ad evitare ogni possibile pericolo alla incolumità delle persone e delle cose, riferite ad un fabbricato/locale”.

Il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, aveva così commentato: “Voglio smentire nel modo più assoluto che l’azione posta in essere dall’amministrazione sia attinente alla questione “libertà religiosa”, in quanto concerne il rispetto delle norme urbanistiche e quelle relative all’ordine, alla sicurezza e all’incolumità pubblica.

Il nodo fondamentale è la difesa dello stato di diritto e delle leggi che devono avere valore obbligatorio, imparziale e universale, nell’interesse generale del convivere civile e della legalità”.

Da parte delle associazioni tuttavia era stato comunicato l’impegno a rispettare, nei locali, le capienze determinate dalle perizie tecniche.

Domenica 10 marzo inizia il periodo del Ramadan sacro alla religione musulmana, e questo, secondo il legale difensore dei centri islamici, giustificherebbe l’urgenza dell’interrogazione alla giustizia amministrativa sull’interpretazione della sospensiva.

Il Comune di Monfalcone, da parte sua, esprime “incredulità” per la decisione assunta dai rappresentanti dei due centri islamici di richiedere l’ottemperanza del decreto del Presidente della seconda sezione del Consiglio di Stato, in quanto ribadisce le considerazioni già evidenziate in risposta alla nota inviata dal legale patrocinante.

“Alla luce delle ordinanze emesse dall’amministrazione comunale e dal pronunciamento intervenuto – si legge nella nota del Comine -, non si comprende, infatti, quale veste debba assumere il termine “confronto” in relazione a tutte le iniziative e le misure adeguate e idonee ad evitare ogni possibile pericolo alla incolumità delle persone e delle cose, riferite ad un fabbricato”.

Il Comune è proiettato all’udienza stabilita per il prossimo 19 marzo nella quale rappresenterà le fondate motivazioni dei propri provvedimenti.

Il sindaco Anna Maria Cisint, a sua volta, ha sottolineato il valore che assume l’applicazione delle leggi che attengono alla sicurezza e l’ordine pubblico e, di conseguenza, il rispetto dello stato di diritto di questo Paese nell’interesse generale della comunità.

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