Ovovia di Trieste, parere negativo del WWF: impatto ambientale disastroso su zona protetta Carso

Trieste – Il Wwf di Trieste, sostenuto da Wwf Italia, ha presentation in una conferenza stampa svoltasi online oggi, 1 febbraio 2022, il parere – sfavorevole – sul progetto di ovovia dal Porto Vecchio di Trieste al Carso.

Presenti all’incontro la neo presidente Martina Felician, l’ex presidente e membro del consiglio Alessandro Giadrossi, Maurizio Fermeglia per il comitato scientifico Wwf Trieste e il presidente del Centro Studi Wwf Italia Gaetano Benedetto.

Al Comitato scientifico del WWF di Trieste – è stato riferito – è stato richiesto di svolgere un primo esame della proposta progettuale di “Cabinovia metropolitana Trieste – Porto Vecchio – Carso” presentata dal Comune di Trieste al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, per l’accesso alle risorse destinate al Trasporto Rapido di Massa ad Impianti Fissi di cui al Fondo per il rilancio degli investimenti delle Amministrazioni Centrali dello Stato allo sviluppo del Paese, istituito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’ambito della legge 145 del 2018 art. 1 comma 95.

L’esame del Comitato si è soffermato, innanzi tutto, sull’impatto dell’opera proposta sugli ambienti naturali del Bosco di Barcola Bovedo e sul complesso storico- architettonico del Porto Vecchio.

L’intervento proposto comporterà nel Bosco di Barcola Bovedo l’esbosco permanente di una fascia larga almeno quattordici metri, gli scavi per la posa di sostegni dell’impianto a fune, la realizzazione di piste di accesso all’area e di opere di cantiere.

Il Bosco di Barcola Bovedo costituisce un habitat di rilevante interesse naturalistico, individuato, ai sensi della direttiva Habitat 92/43 CEE, con la ZPS codice IT33400002 Aree Carsiche della Venezia Giulia e la ZSC IT3341006 Carso Triestino e Goriziano, quindi, due siti Natura 2000.

Il bene è paesaggisticamente tutelato sin dal 1953, con l’Avviso 22 del GMA (Governo Militare Alleato).

L’area fu inoltre inserita nel Parco del Carso, istituito con la legge 442 del 1971, in forza di una proposta dell’on. Belci, accompagnata da una relazione del prof. Livio Poldini e del dott. Renato Mezzena “Contributo alla risoluzione del problema istitutivo di un parco carsico”, in Atti Parlamentari Camera Deputati, n. 485 del 1968.

Come si legge in detta relazione “in essa vi sono rappresentate le formazioni più tipiche della fascia marnoso-arenacea del flysch, che è stata da sempre, la più compromessa dall’espansione urbana. La specie più interessante che in tal modo si viene a proteggere è senz’altro il Cistus salviifolius, che a Barcola Bovedo costituisce l’unica presenza per tutta la regione Friuli Venezia Giulia ed è, in senso assoluto, la stazione più settentrionale di tutto il bacino adriatico. Vi si accompagnano interessanti aspetti di landa acidofila popolata dalla Calluna vulgaris Sa., Genista pilosa L., Genista germanica L. Anche questi calluneti, in cui si concentra la massima parte delle specie acidofile, meritano di essere localmente conservati, in quanto si trovano al loro limite orientale di diffusione; trattasi invero, di formazioni gravitanti nell’Europa atlantica, a clima oceanico”.

“In questa zona verrebbe salvaguardato anche un particolare tipo di bosco: il C, c, 10 (Seslerio – Quercetum petraeae), e la formazione prativa B, 7 (Chrysopogoni – Onobrychidetum tommasinii) che ospita interessanti specie come: Astragalus illyricus Brnh., Onobrychis tommasinii Jord., Scorzonera villosa Cop., ecc.”

Il Presidente del Comitato scientifico, prof. Livio Poldini, riprendendo i contenuti di quella relazione, evidenzia la permanenza, in questi terreni a vocazione forestale caratterizzati da ritenzione idrica, dei valori allora segnalati e sottolinea come quest’area, a differenza di tutte le altre zone viciniori, sia rimasta integra da interventi di antropizzazione, e rappresenti oggi un unicum che esige massima protezione.
In definitiva si tratta di un bosco, a quel che ne sappiamo, unico al mondo, dove il Rovere cresce naturalmente su dei colli costieri di arenaria, con un sottobosco nel quale fioriscono assieme il Brugo atlantico, l’Erica alpina e il Cisto mediterraneo.

La fauna e la microfauna di questo habitat sono importanti e caratterizzati dalla presenza delle seguenti specie prioritarie: Cervo volante (Lucanus cervus), Polissena (Zerynthia polyxena), Falena dell’Edera (Euplagia quadripunctaria), Tritone crestato (Triturus carnifex), Rana dalmatina (Rana dalmatina), Colubro di Esculapio (Zamenis longissimus) e Testuggine di Hermann (Testudo hermanni).

Il bosco Bovedo, inoltre, rientra tra i Boschi Regionali di Rilevanza Faunistica (denominato “P2 Querceto Termofilo sotto Monte Grisa) per la rilevante presenza di uccelli; in particolare Zigolo nero (Emberiza cirlus), Picchio rosso minore (Dryobates minor), Picchio rosso mezzano (Dendrocoptes medius) (all.I dir. uccelli 2009/147/CE), Succiacapre (Caprimulgus europaeus) (all.I dir. uccelli 2009/147/CE), Assiolo (Otus scops) e Sparviere (Accipiter nisus).

L’apertura di un cantiere per la messa in opera dei plinti in un ecosistema forestale maturo causerebbe gravi danni irreversibili con riduzione delle funzionalità eco sistemica, inclusa la capacità di assorbimento della CO2, del bosco vetusto, che supererebbe di gran lunga gli eventuali benefici derivanti da una riduzione di emissioni di CO2 da parte del trasporto con cabinovia, tutta da dimostrare, per minor utilizzo del trasporto su gomma.

Il complesso storico architettonico del Porto Vecchio, infine, soggetto dal 2001 a un’articolata tutela culturale, diretta e indiretta, verrebbe irrimediabilmente alterato dalle strutture di raccolta delle cabine, da una decina di piloni con funi e cabine sovrastanti i magazzini, pur in presenza di binari e rotaie idonei a un utilizzo con sistemi di trasporto di superficie. Le considerevoli volumetrie delle stazioni d’impianto, inoltre, sono incompatibili con la tutela “degli assi viari che caratterizzano il sito e che formano particolari coni prospettici visivi” ritenuta rilevante nelle prescrizioni imposte nel decreto del 2 agosto 2001 di tutela indiretta.

Il progetto presentato al Ministero, quindi, non rispetta i criteri previsti dal Regolamento UE 241/2021 Dispositivo per la ripresa e la resilienza che stabilisce, all’ articolo 18, che tutte le misure dei Piani nazionali per la ripresa e resilienza (PNRR), sia riforme che investimenti, debbano soddisfare il principio di “do not significant harm DNSH – non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali”.

La guida operativa per il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all’ambiente, elaborata dal Ministero della transizione ecologica, anche richiamata dalla circolare della Ragioneria dello Stato del 31 dicembre 2021, espressamente prevede, che le infrastrutture per la mobilità personale, al fine di garantire la protezione della biodiversità, non possono essere localizzate all’interno dei Siti Natura 2000.

Ciò detto, il Comitato, pur manifestando ulteriori perplessità in ragione:

– delle carenze progettuali, tra le quali si evidenzia la mancanza di uno studio geologico di fattibilità preliminare e delle obbligatorie indagini a corredo, che siano appropriate all’importanza e alla vastità dell’area interessata dal progetto, così come previsto dal d.m. 11 marzo 1988, su un tracciato che si sviluppa per circa un terzo della sua estensione su aree geologiche zonizzate nel PRGC come ZG1 a tutti gli effetti inedificabili;

– dell’asserita utilità dell’opera per la soluzione delle problematiche di accesso alla città di Trieste;

– dei costi di gestione dell’opera,

ritiene non necessari, allo stato, maggiori approfondimenti.

Il Comitato, infine, ritiene di doversi astenere dall’esame di proposte alternative la cui elaborazione è incompatibile con i tempi imposti dagli investimenti previsti dal PNRR, pur rimarcando il pregiudizio che deriva alla Città dalla perdita di finanziamenti in conseguenza della scelta operata dalla Amministrazione comunale che non ha tenuto conto, in sede di localizzazione dell’opera, della nota valenza ambientale del sito.

Il Comitato scientifico del WWF di Trieste è costituito da: prof. em. Livio Poldini – Presidente; prof. Maurizio Fermeglia – vice Presidente; arch. Andrea Benedetti, dott. Marco Costantini, dott. Luigi Fozzati, dott. Carlo Genzo, avv. Alessandro Giadrossi, dott. Michele Giani, dott. Bruno Grego, ing. Giulio Gregori, arch. Romana Kacic Paolo Utmar, prof. Francesco Vallerani, prof. Mauro Varotto.

Foto d’archivio di Stefano Savini – tutti i diritti riservati.

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